Un pezzo della mia infanzia. Quanti ricordi, cacchio. |
Oggi rispolvero un pezzo della mia infanzia, facendo conoscere anche a voi il mio lungometraggio animato preferito (ora come da bambino): L'Ultimo Unicorno.
All'epoca lo avevo in VHS, registrato da non so che misconosciuto canale, e in alcuni punti era un bel po' rovinato. Ora come ora, non so che darei per averlo originale.
Il film è datato 1982, ed è frutto di una colossale collaborazione tra USA, Regno Unito, Giappone e Germania, che hanno trasposto come lungometraggio il romanzo omonimo datato 1968 di Peter Soyer Beagle, uno scrittore fantasy americano, che si è occupato personalmente della sceneggiatura del film.
E' che la sceneggiatura sia curata dall'autore del libro si vede. La storia segue fedelmente il romanzo, omettendo solo passaggi non strettamente legati alla trama principale.
Come se non bastasse, il doppiaggio originale ci presenta personaggi d'eccezione: Mia Farrow, Angela Lansbury e Cristopher Lee, tanto per citarne qualcuno.
Per quanto riguarda la trama stessa, inizia in modo molto semplice.
Un unicorno un giorno sente due cacciatori parlare del fatto che lei sia l'ultimo esemplare della sua specie. Tormentata dal dubbio, parte per un lunghissimo viaggio che la porterà a scoprire la verità circa i suoi simili.
Ve l'avevo detto che era semplice.
Ma per tutto il film, la vedremo vagare per un mondo nel quale la magia e la fantasia stanno svanendo dall'immaginario dell'uomo, dove le persone non sanno distinguere tra finzione e vero incanto.
I veri problemi iniziano quando la nostra protagonista si troverà trasformata suo malgrado in una donna, senza possibilità di tornare alla sua vera forma. Solo ora comincerà a sperimentare sentimenti come il rimpianto, la malinconia, la tristezza, il dolore e l'amore, emozioni estranee agli unicorni, creature immortali e superiori ai sentimenti più prettamente umani. E, lentamente, i ricordi delle sue origini cominceranno a svanire.
A livello grafico, si vede che il lungometraggio è stato sviluppato da Paesi così diversi tra loro. Ci sono la qualità e il budget dei film statunitensi, le atmosfere e i colori cupi ed evocativi dell'animazione inglese, e un design dei personaggi con tratti e caratteri visivi marcati tipicamente crucco... ma disegnati con un gusto e uno stile più propriamente giapponesi.
Tutto questo contribuisce a creare un'atmosfera surreale, onirica e malinconica, complici anche le stupende musiche interpretate dagli America.
I personaggi emaciati e scarni, fortemente "materiali", caratterizzati da colori scuri, creano un forte contrasto con l'unicorno, disegnato con uno stile etereo e un colore bianco puro, sottolineando come il mondo degli umani si stia allontanando sempre di più da quello dei miti e delle leggende: il primo è gretto, sporco, venale, il secondo è innocente ed incontaminato, valori ai quali l'uomo non riesce più ad avvicinarsi.
Tutta la pellicola è intrisa, dall'inizio alla fine, di una profonda malinconia. La storia, le voci, le musiche, i colori e le ambientazione ricreano un'atmosfera struggente e incantata.
Potrei dilungarmi ancora, ma preferisco concludere con un: guardatelo.
Non è così facile da reperire, ma ne vale davvero la pena, a parer mio è uno dei tanti capolavori sconosciuti che meriterebbero di essere apprezzati da tutti.