Questo volumetto dovrebbere essere letto da TUTTI |
Ho procrastinato parecchio la recensione del manga di cui finalmente vi parlo oggi, perché sapevo che mi sarebbe costata tempo ed energia. So già che verrà lunga, ma h davvero troppo da dire in merito. Cercherò comunque di contenermi.
Stasera vi parlo di "Questo non è il mio corpo", un volume autoconclusivo di Moyoko Anno datato 2002, che tratta principalmente il tema dell'anoressia e della bulimia.
In Giappone rientra nella categoria "josei", ovvero fumetti indirizzati ad un pubblico femminile adulto.
In Italia è stato pubblicato da Kappa Edizioni per la collana Manga San, una raccolta di opere rivolte ad un pubblico adulto. Se pensate che i fumetti siano roba da bambini e ragazzini, potete cominciare la redenzione a partire da qui.
Cominciamo con ordine, dalla trama. Dopo di quella non so quanto riuscirò a continuare con ordine.
Noko Hanazawa è una giovane impiegata con un grosso problema: il cibo.Ci troviamo di fronte all'ennesima opera provocatoria e accusatrice della Anno, che questa volta se la prende con un problema sociale sempre più marcato tanto in Oriente come in Occidente, ovvero l'identificazione del sè in base al corpo e all'immagine di esso.
Ad ogni ostacolo che incontra nella vita, che siano insulti, tristezza, difficoltà di qualsiasi genere, reagisce nello stesso modo, ovvero mangiando compulsivamente. Da una parte questo le fa dimenticare ogni cosa, regalandole un momento di benessere, dall'altra non fa che peggiorare il suo stato di sovrappeso, attirando su di lei ancora di più la cattiveria dei ragazzi per strada e delle maligne colleghe d'ufficio.
Il suo ragazzo sembra non curarsene, anzi, si oppone all'idea che lei intenda dimagrire. Ma dopo che Naoko scoprirà di essere stata tradita, comincerà una dieta con l'obiettivo di perdere trenta chili.
Purtroppo i risultati tardano ad arrivare, e la nostra protagonista scivola nella spirale del digiuno, del vomito indotto, delle diete assurde e fai-da-te, rincorrendo quel corpo magro che secondo lei sarebbe l'unica cosa a darle la felicità.
Attenzione, non stiamo parlando di transessualismo, bensì degli stereotipi commerciali di "bello" o "brutto". In particolar modo del fatto che un corpo grasso non solo è brutto a priori, ma è anche socialmente inaccettabile.
Il manga si basa sulla ricerca di un'accettazione sociale non in quanto individuo, ma in quanto involucro. Non si parla di magrezza per motivi di salute, si parla di ossessione verso il cibo (e in egual misura di odio per esso), perché è un ostacolo per l'inserimento nella società.
La colpa non è solo delle persone, è colpa dei modelli mediatici che ci bombardano in continuazione. Ma quand'anche una persona intelligente riesca a tirarsi fuori da questa dipendenza mentale, sono gli altri le persone intorno a noi, a farci sentire inadeguati. Loro, che hanno accolto e condividono (volenti o nolenti) gli stereotipi di cui sopra, si sentono in diritto e quasi in dovere di additare il "diverso", il "brutto", in questo caso il grasso.
La magrezza è solo uno degli aspetti di cui parla questo fumetto, e anche se è il più importante non è l'unico.
Si parla soprattutto di rapporti sociali, e di come l'essere umano abbia bisogno di sentirsi migliore di qualcun altro per sentirsi realizzato. Abbiamo bisogno di controllo.
La protagonista non sceglie di dimagrire perché si sente male nel proprio corpo, per interrompere un disturbo ossessivo-compulsivo dannoso, per liberarsi da una dipendenza psicologica, né per un qualsiasi altro motivo davvero autonomo e ragionato. Vuole perdere peso perché si giudica talmente brutta da non meritarsi un ragazzo. Insomma, vuole dimagrire perché sogna un'utopica felicità che arriverà, come per magia, dopo essersi liberata dei suoi trenta chili di troppo.
Il ragazzo invece, dal canto suo, è una persona orgogliosa, ma dalla personalità anonima e poco incisiva. Anche nell'aspetto non è né bello né brutto. L'unica soddisfazione che ha è tenere sotto controllo Noko, impedendole di dimagrire così non lo lascerà mai (perché chi altro potrebbe mai volere una ragazza grassa?). Riversa su di lei il proprio bisogno di controllo, e se la tiene stretta perché in fondo non pensa di poter controllare nessun altro all'infuori di lei, e il suo orgoglio ha bisogno di essere costantemente alimentato.
Altro personaggio importante è Tachibana, una delle colleghe della protagonista, bellissima e provocante. E' al contempo un'antagonista e un modello da seguire. Priva di reali soddisfazioni, gode nel far star male le persone che lei giudica "inferiori", e non perderà occasione di tormentare Noko. La quale, una volta decisa a dimagrire, la prenerà come modello di riferimento, perché "è bellissima".
Sono loro i punti focali del racconto, ma c'è anche un carosello di personaggi che vanno e vengono, e tutti, o quasi, hanno in comune la stessa cosa: non sono personaggi positivi.
Sono persone grette, superficiali, ignoranti e insoddisfatte, esattamente come la nostra protagonista, pedine grigie della società moderna che, incapaci di comprendere quali siano i valori sani del vivere, prendono in prestito quelli più facilmente comprensibili e alla portata di tutti.
La protagonista, come del resto tutti gli altri, non subisce alcuna evoluzione durante il racconto. E' gente comune (non nel senso che sia normale una mentalità simile, ma nel senso che gran parte della gente è purtroppo così), anonima, che rincorre valori poveri e non pensano nemmeno per un attimo di stare sbagliando. E senza ammissione dell'errore non esiste crescita.
Il disegno, così come il tema trattato, non è gradevole. E' tipico dell'autrice, nervoso, scarno, frammentario. Al tempo stesso è vibrante di energia, ed è perfetto per un'opera simile: in pochi tratti racchiude la bruttura dei personaggi, più interiore che esteriore. Le tavole sono dominate da grandi quantità di bianco, con contrasti di nero pieno visivamente molto forti, che riescono a trasmettere una vaga sensazione di disagio.
Tra tema, disegno, personaggi e trama questo fumetto è una perla di realtà cinica, terribilmente reale e amaro. non sono simpatici i personaggi, non sono simpatici i disegni, così come non è simpatica la società nella quale viviamo, società che ci spinge all'insoddisfazione e ci fa aspirare a cose che noi per primi idolatriamo come garanti di felicità. Quando infine otteniamo queste cose, scopriamo che sono solo feticci, e riversiamo la frustrazione su altro, spesso su altre persone, che a loro volta ripeteranno l'operazione su terzi, rinnovando il circolo vizioso di questo mondo storto.
E, come ultimo messaggio (perché il cinismo non è mai troppo), l'autrice ci fa vedere come in fin dei conti, se qualcuno ti vuole tormentare non ha bisogno di prendersela con il tuo aspetto fisico. Se la gente vuole fare la stronza, trova il modo di farti impazzire, magro o grasso che tu sia. Il rispetto e la felicità si conquistano in ben altro modo.
Tutta l'opera è un viaggio deprimente nel mondo dell'insoddisfazione personale. Deprimente non in quanto si arriva a provare pena per la protagonista e per la sua "sfortuna" (che metto tra virgolette, perché in buona parte se l'è creata da sola), ma perché gran parte di quello che viene narrato è tristemente vero.
La gente non ha più tempo e voglia di tuffarsi in profondità nel mare della vita per pescare le perle, si accontenta di quello che galleggia in superficie.E tutti sappiamo cosa galleggia benissimo, sull'acqua. Il problema è quando ci viene propinata come oro colato.
Consigliato a chi cerca il fumetto d'autore, a chi è stanco delle storielle edulcorate sull'amore e sull'amicizia, a chi si sente cinico, a chi si sente realista, agli insoddisfatti, a chi ha voglia di una secchiata gelida di realtà, a chi è disposto a fermarsi a riflettere un attimo.
E a tutti gli altri.