Scheletri (parte II)

Ed eccoci alla seconda parte della recensione!

Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti ieri e vediamo i racconti dal dodicesimo in poi.

Sabbiature
Una navicella spaziale precipita su un pianeta alieno e dei tre membri dell'equipaggio solo due sopravvivono, costretti ad avere a che fare con un pianeta ostile, coperto interamente di sabbia. Il protagonista fa di tutto per sopravvivere, mentre il compagno perde la ragione e, seduto su una duna, comincia a delirare circa i Beach Boys e un'enorme spiaggia senza mare. E mentre il primo cerca di scuoterlo dal suo stato e al contempo cerca di rimanere vivo, pian piano la sabbia si insinua ovunque...
Un altro pezzo di fantascienza. E' più convincente (e in un certo senso avvincente, anche se di azione ne vedremo poca), de "Il viaggio", forse perché King tralascia le spiegazioni scientifiche e ci immerge in un argomento che gli è caro: la follia.
E' fantascienza in parte, i due potrebbero anche essere due persone smarritesi nel Sahara, poco cambierebbe. Non è un racconto brillante, ma si fa leggere, mantenendo vivo l'interesse fino alla fine.

L'immagine della falciatrice
Un intenditore d'arte si reca a casa di un collezionista per visionare un pezzo particolare della sua collezione: un antico specchio dal valore incredibile, sul quale circola un'inquietante leggenda. Il proprietario ci crede fermamente, mentre il protagonista è scettico. Sarà vera la storia che poche persone prescelte possono vedervi riflessa la Morte?
Il racconto è stato scritto quando King aveva solo diciotto anni, quindi possiamo anche perdonare lo stile non così ricco e la storia abbastanza scontata. E' un componimento semplice, una classica leggenda metropolitana. Nulla di speciale.

Nona
Un ragazzo che ha appena abbandonato gli studi universitari e sta cercando di non morire di freddo facendo l'autostop incontra una strana e bellissima ragazza. Subito se ne invaghisce, ma sembra che lei abbia un'influenza tutta particolare su di lui: è in grado di tirargli fuori tutta la cattiveria e l'aggressività che per anni ha sempre represso.
A raccontarci il tutto, in un lungo flashback, è proprio il protagonista, ora in carcere e ossessionato da un incubo ricorrente.

Il racconto è di buona fattura, tiene incollati e ci somministra una generosa dose di violenza vecchio stile. Che nella testa del protagonista ci sia qualcosa che non va lo capiamo presto... si, si torna a parlare di pazzia. Che abbia davvero vissuto un'esperienza raccapricciante o che sia solo un poveraccio affetto da problemi relazionali con l'altro sesso e pieno di rabbia repressa, sta a noi deciderlo.

Per Owen
La seconda poesia della raccolta. Recarsi a scuola ogni mattina è per un bambino un rituale a tutti gli effetti.
Il componimento è davvero breve ed estremamente semplice. Probabilmente King lo dedica al figlio. Qualche pagina per rilassarsi per bene prima di affrontare il racconto successivo.

L'arte di sopravvivere
Cosa ci fa un chirurgo su una minuscola isola deserta, composta esclusivamente da scogli e sabbia, con a fargli compagnia solo un paio di chili di cocaina pura? Come riuscirà a procurarsi il cibo per tirare avanti in attesa dei soccorsi? E soprattutto... cosa è davvero disposta a fare una persona per sopravvivere?
In queste tre domande c'è tutto il succo di questo fantastico, raccapricciante racconto. Narrato in prima persona, ci mette di fronte ad una situazione estrema affrontata con una lucidità quasi glaciale. Forse anche voi, assaliti dai crampi della fame, comincereste a pensare che quel vostro piede destro ha un aspetto davvero appetitoso.

Il camion dello zio Otto
Un anziano miliardario, considerato da tutti completamente pazzo, sta trascorrendo la sua vecchiaia seduto in veranda a fissare il camion nel campo dall'altra parte della strada. Il veicolo, ormai dimesso, è finito lì per colpa sua e del suo ex socio in un incidente avvenuto tanti anni prima, dal quale entrambi erano usciti illesi. Anni dopo il compare però fa una brutta fine: vendute le ruote del camion e posizionatolo su dei sostegni, vi resta schiacciato sotto in circostanze poco chiare.
Il nipote del vecchio è un po' che sospetta che ad uccidere il socio sia stato proprio suo zio, e che il rimorso lo abbia portato alla follia e all'assurda convinzione che il camion lo sappia e che ora si stia avvicinando di soppiatto alla casa per vendicarlo.

Il racconto è bizzarro, ma convincente. Ha un ritmo lento, ma tutti coloro che conoscono il Re (o comunque che si sono letti tutti i racconti precedenti) non smetteranno di leggere, chiedendosi se davvero il vecchio sia pazzo o se effettivamente il camion sia dotato di vita propria. E via che si parla di pazzia!
Non c'è violenza e non fa nemmeno davvero paura. C'è solo una sottile, subdola inquietudine che lo permea dall'inizio alla fine.

Consegne mattutine - Lattaio nr. 1
Il lattaio del quartiere è un po' particolare. E fa consegne tutte speciali, aggiungendo un tocco personale al latte, alla panna, alla crema.
Un altro racconto brevissimo, che non ci fornisce spiegazioni. E' un puro delirio dall'inizio alla fine, senza un vero e proprio senso logico. C'è un lattaio pazzo, ci vengono descritte le sue "consegne speciali" e le conseguenze sono lasciate alla nostra immaginazione. Gustoso.

Quattroruote: La storia dei bei lavanderini - Lattaio nr. 2
Due beoni ubriachi fradici scorrazzano a piede libero su un catorcio di macchina. Uno dei due si lagna perché sua moglie lo tradisce con il lattaio (si, quello del racconto precedente) ma soprattutto perché gli è scaduta la revisione. Per pura fortuna trovano un'officina gestita da un loro vecchio compagno di scuola. Tra birra e ricordi dei bei tempi andati cercheranno di convincerlo a rinnovare la suddetta revisione.
Un pezzo un po' atipico, che di horror ha ben poco, se non per la comparsa, ad un certo punto, del lattaio pazzo di cui vi ho parlato poco fa, e la sua presenza che aleggia all'interno di tutto il racconto.
Si fa leggere, è un racconto tranquillo e dalla narrazione relativamente lenta.
Finale a sorpresa per tutti.

La nonna
George è un ragazzino timido, vessato dal fratello maggiore e terrorizzato -senza un vero motivo- dalla nonna. Purtroppo un pomeriggio la madre è costretto a lasciarlo a casa per qualche ora con la vecchia, ormai allettata e ridotta a poco più di un vegetale.
Il ragazzino si fa coraggio e si prepara a trascorrere un lungo pomeriggio alle prese con le sue paure... e con gli scheletri nell'armadio della famiglia. Non è riuscito a capire tutto, ma ha sentito ogni tanto parlare della nonna, della sua reputazione e di certi strani libri che possedeva.

Dopo il precedente racconto, torniamo a tuffarci nel puro stile King. L'autore è davvero bravo a dipingere il mondo visto attraverso gli occhi dei bambini: tutto è ingigantito, distorto, e la razionalità fa costantemente a pugni con l'immaginazione. Dove finisce l'immaginazione e dove inizia la realtà è un sottile filo che può spezzarsi da un momento all'altro. Dimostrandoci che la realtà può anche essere molto peggio.

La ballata della pallottola flessibile
Ad una modesta festa per il successo di un giovane scrittore un ex redattore inizia a raccontare la storia di un autore che ha conosciuto, altrettanto giovane, e di come sia arrivato al suicidio.
Ma, soprattutto, della sua personale mania. Il giovane era infatti convinto che nella sua macchina da scrivere abitasse un folletto che gli cospargeva i tasti di polvere magica, senza la quale non sarebbe più stato in grado di scrivere nulla. E di come tutti, dal postino, ai vicini di casa, ai poliziotti, fossero spie incaricate di rubare o uccidere lo spiritello.

Un elogio alla follia, uno dei migliori racconti della raccolta. Si è parlato in larga misura di pazzia in questo volume e qui si raggiunge l'apice. Assistiamo infatti alla discesa di una mente nei suoi abissi, allo svilupparsi della paranoia, alle reazioni delle persone circostanti e a come la pazzia possa essere contagiosa.
Lo sviluppo è volutamente lento, ma questo fa si che i personaggi prendano una loro forma tridimensionale; per essere un racconto breve, il lavoro fatto su di essi è notevole.
E' il racconto che mi è piaciuto di più. Forse perché, come dice l'autore, l'essere umano è inconsciamente attratto dalla pazzia, e leggendo queste pagine, chiunque potrà rispecchiarsi in molti pensieri e ragionamenti, perfettamente logici e al contempo quasi deliranti. Perché la pazzia è subdola: a volte si maschera talmente bene che la scambiamo per normalità.

Il braccio
Una vecchia signora, che non ha mai lasciato l'isola dove è nata, ci racconta della sua vita e della piccola comunità in cui ha sempre vissuto come lo avrebbe raccontato se i suoi nipoti glielo avessero chiesto.
Ma i nipoti non se ne interessano, la vecchiaia avanza e da qualche tempo lei è convinta prima di sentire e poi di vedere il marito, morto da tanti anni. E il vento la chiama...

Un magnifico racconto, non pauroso, ma a suo modo dolcissimo, struggente e malinconico. Veniamo accompagnati attraverso gli episodi della vita di una signora che ormai è giunta al termine del suo viaggio, conosciamo le persone a cui era affezionata e grattiamo appena la superficie di quelle che sono le leggi non scritte delle minuscole comunità insulari.
Affascinante, vi farà chiudere il libro pervasi quasi da nostalgia, sapendo che anche per voi ora il vostro viaggio attraverso ventidue racconti è finito.
Il vento non vi sta chiamando?

In conclusione, è una magistrale raccolta di racconti. Se qualcuno mi chiedesse con che libro iniziare per avvicinarsi a Stephen King, consiglierei questo. Lo spettro di situazioni e temi affrontate è ampissimo, c'è fantascienza, paranormale, vita vera, horror puro e horror splatter... ce n'è per tutti gusti.
Anche nei personaggi possiamo trovare tutti quelli più cari all'autore: l'uomo comune, ma padre e determinato a proteggere la famiglia, l'adolescente, il bambino spaventato da ciò che non comprende, lo scrittore, la donna forte e sicura di sè.
Oltretutto i racconti, a parte un paio, non superano le cinquanta pagine. Non rischierete di annoiarvi, e anche se uno non vi soddisferà appieno, di sicuro il successivo saprà sorprendervi catapultandovi in un ambiente totalmente diverso.

Se non avete mai letto King, procuratevelo.
Se avete già letto King ma non questo, procuratevelo.
Che aspettate? Filate subito in biblioteca o in libreria.

Scheletri (parte I)

Una fantastica antologia che va dall'horror, alla fantascienza, al paranormale

Ho finalmente concluso la lettura di questa antologia di racconti del Re. Ne sono rimasto davvero colpito, e ringrazio la mia ragazza che me l'ha regalato (grazie, tesoro).
Lo stile è altalenante, così come la qualità. Non c'è da stupirsi: l'arco temporale coperto da questi racconti è di ben diciassette anni.
Ci tengo comunque a parlarvene prendendoli uno alla volta, cercando di spoilerare il meno possibile; quindi non preoccupatevi, il mio scopo è come sempre di palare del libro per invogliare altre persone a leggerlo. Se rovinassi le sorprese, oltre a beccarmi qualche decina di maledizioni, probabilmente pochi si prenderebbero la briga di leggerlo. Che gusto ci sarebbe?
Per non annoiarvi troppo nel post di oggi vi parlerò della prima metà del libro, a domani i restanti undici racconti e le conclusioni.

La nebbia
A seguito di una violenta tempesta, il protagonista del racconto, insieme a suo figlio, rimangono bloccati all'interno di un supermercato al quale si erano recati per comprare delle provviste. Ciò che tiene loro -e una settantina di altre persone- intrappolati nell'edificio è una stranissima nebbia. O meglio... le cose che si trovano in essa.
L'idea di base è semplice ed accattivante e da essa si sviluppa il primo e più lungo racconto della raccolta. Per chi avesse visto il film tratto da esso (The Mist), leggere il racconto non sarà comunque noioso: ha in comune i punti topici ma, cosa più unica che rara- il film è stato arricchito con numerose scene, personaggi e fornisce molte più spiegazioni. Cambia anche il finale, probabilmente quello originale era troppo "inconsistente".
C'è una buona suspance e qualche scena violenta e macabra in stile King, ma non è di fatto nulla di raccapricciante. E' molto più soft della pellicola, anche se l'argomento a mio avviso più interessante, ovvero le reazioni delle persone in situazioni estreme o incomprensibili, è gestito più che bene.

Tigri!
Cosa fareste se nel bagno della scuola trovaste una tigre in agguato?
Non posso dire nulla di più di una semplice frase, vista la brevità del racconto, senza rovinare la lettura a qualcuno.
Breve, brevissimo, simpatico ma nulla di più.

La scimmia
Il protagonista del racconto, tornato nella casa dove ha trascorso la sua infanzia, rinviene un oggetto che credeva di aver eliminato per sempre: una scimmia giocattolo a molla. Alternando presente e passato, capiremo perché ne sia così terrorizzato. L'inquietante balocco infatti ha già mietuto numerose vittime, ed è tornato per perpetuare la sua personale missione di morte.
Un racconto senza dubbio interessante. Quelle maledette scimmie a molla mi hanno sempre fatto un'inquietudine pazzesca, e King non mi ha aiutato, in questo senso. Si viene risucchiati nella vicenda e non si può fare a meno di continuare a chiedersi chi sarà la prossima vittima, e cosa escogiterà il protagonista per sbarazzarsi definitivamente del malefico giocattolo.

Caino scatenato
Cosa può fare uno studente preoccupato dagli esiti degli ultimi esami? Può mantenere di sicuro un'apparenza tranquilla, ma non è detto che dentro di sè non stia meditando di compiere qualcosa di drastico.
Torniamo alla  lunghezza di una manciata di pagine. Senza lode e senza infamia, un ritratto spiccio della follia, così difficile da vedere dall'esterno, ma dai risultati devastanti.

La scorciatoia della Signora Todd
Homer, uomo ordinariamente di poche parole, si confida con un amico e racconta l'incredibile storia della Signora Todd. La donna ha una particolarità: è ossessionata dalle scorciatoie e al volante della sua auto qualcosa in lei si trasforma. Homer stesso si è fatto trascinare lungo una delle nuove scorciatoie scoperte da lei, ma ha visto cose che avrebbe preferito non vedere. E la domanda è... quanto si può accorciare una strada, prima di finire incastrati negli ingranaggi distorti dello spazio e del tempo?
Uno dei racconti che mi ha più colpito. Si inquadra perfettamente in una delle -tante- facce di King: quei racconti dove tutto sembra nomale, ma avvertiamo che c'è qualcosa di fuori posto e continuiamo a chiederci cosa sia. In un certo senso mi ha ricordato "La storia di Lisey". Bellissimo.

Il viaggio
Una famiglia si accinge a compiere "il viaggio" verso Marte. Sembra una cosa semplicissima: un teletrasporto immediato sulla colonia umana ora fiorente sul Pianeta Rosso. Per il padre di famiglia non è certo la prima volta, ma per sua moglie e i due figli si. Rendendosi conto del loro nervosismo, cerca di allentare la tensione raccontandogli di come questa straordinaria modalità di viaggio è stata scoperta. E degli incidenti di percorso.
Eccoci ad un racconto di fantascienza. A mio avviso risulta interessante, ma un po' debole e lento. Si vede che non è il terreno prediletto dall'autore, anche se non se l'è cavata troppo male.

Marcia nuziale
Un'orchestrina Jazz viene assoldata da un famoso gangster per esibirsi al matrimonio della sorella, che ha la fama di essere incredibilmente brutta. I ragazzi accettano l'incarico, ritrovandosi in mezzo ad un festino di malavitosi.
Incisivo e a tratti davvero divertente (la descrizione della dolce sposa vale da sola una lettura). Una breve storia sulla malavita, ben confezionata e godibile.

Ode del paranoide

Una poesia in prima persona; una pagina di diario di un uomo paranoico. Ci dirà che c'è un uomo alla porta, che la vecchia che abita sopra di lui lo spia, che al ristorante gli mettono l'arsenico al posto del sale.
Nella sua brevità un brivido riesce comunque a trasmetterlo ed è stato naturale per me a pensare al racconto breve "La legione dei cospiratori" di Matheson.

La zattera
Due ragazzi e due ragazze decidono di dare un saluto all'estate recandosi al lago e nuotando fino ad una zattera che galleggia a una cinquantina di metri dalla riva.
Ma una volta arrivati, si accorgono di una stana macchia nera, perfettamente circolare, che galleggia lì vicino, che non ha un aspetto per nulla rassicurante.
Capiranno la gravità della loro situazione solo quando una delle ragazze verrà trascinata in acqua: sono in una proprietà privata, nessuno oltre a loro sa dove si trovano, non hanno modo di chiamare aiuto. E la cosa nell'acqua rimane costantemente in agguato.

Un racconto spettacolare. La tensione sale subito alle stelle, e le descrizioni cruente non mancano, vivide e disgustose, arrivando a livelli degni di un film splatter. King non ci propina solo questo, ma condisce il tutto con dei ricchi rapporti interpersonali tra i protagonisti e delle reazioni umane davvero credibili.
Uno splendido racconto horror.

Il word processor degli dei
Il protagonista del racconto è un aspirante scrittore che non è mai riuscito a scrivere nulla di buono e si guadagna da vivere facendo l'insegnante. La sua vita è vuota, ha un figlio ingrato e una moglie che definire un'arpia sarebbe farle un complimento.
Per il suo compleanno, riceve in regalo dal suo nipote preferito, morto poco tempo prima in un incidente stradale, un word processor fatto in casa. Sa bene quanto il ragazzino fosse stato intelligente, ma non può nemmeno immaginare gli straordinari poteri della sua creazione.

Dopo "La zattera" possiamo rilassarci con questo. E' divertente, brillante e, in fondo, chi non ha mai sognato di avere tra le mani una lampada di Aladino in grado di esaudire ogni desiderio? Forse è il racconto più allegro della raccolta: ci premierà anche con un piacevole happy ending, che in un'antologia del genere è sempre apprezzabile.

L'uomo che non voleva stringere la mano
Il protagonista, ormai anziano, racconta a un gruppetto di amici di una strana partita di poker di tanti anni prima. In questa occasione ha conosciuto un uomo dalle abitudini bizzarre: costui si rifiutava di stringere la mano a chiunque, o anche solo di venirne in contatto. Come giustificazione, sosteneva di aver prestato servizio militare in India, dove le malattie sono all'ordine del giorno, e di aver quindi sviluppato questa peculiare mania. Inutile dire che la verità è tutt'altra, e poco ha a che vedere con batteri e microbi.
L'ho trovato molto ben scritto e dallo svolgimento non così scontato come si potrebbe pensare. La struttura narrativa è solida e costruita a puntino per tenere il lettore incollato fino alla fine, anche se il racconto ha toni molto "pacati" e lenti. C'è poco da fare: si vuole scoprire perché il tizio non vuole toccare nessuno.
Continuo a chiedermi chi sia quel maledetto maggiordomo.

....continua domani (o dopodomani, se proprio non ho estro) con la seconda parte!

Pancakes

Per una colazione sostanziosa o un pranzo fuori dal comune con questi andate a colpo sicuro

Oggi non avevo voglia di cucinarmi il pranzo, ma nemmeno di farmi un panino.
Così ho optato per pranzare in modo un po' inusuale, ma non me ne sono pentito: finalmente ho provato a fare i pancakes.
Per chi non lo sapesse, si tratta di un dolce originario del nord America, simile alle crepes francesi, ma molto più spesso e spugnoso.
In genere si servono con lo sciroppo d'acero, ma ci sono un'infinità di varianti: potete metterci sopra miele, zucchero a velo, marmellata, frutta fresca, panna, yogurt. Visto che il sapore dell'impasto è abbastanza neutro, sono ottimi anche con sopra burro fuso, accompagnati da uova e pancetta.

Finita la premessa, passo a divi che in internt si trovano decine di ricette diverse, sia come ingredienti che come lavorazione. C'è chi mette il lievito e chi no, chi monta le uova e chi no, c'è chi mette il burro e chi l'olio... e le dosi variano parecchio.
La ricetta che vi propongo è la mia versione personale, con cui otterrete dei pancakes molto spugnosi e soffici, ma non eccessivamente dolci.

Per tre persone (o per due particolarmente golose):
  • 200gr di farina
  • 300ml di latte
  • 40gr di burro
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • 2 uova
  • 1 bustina di lievito
  • un pizzico di sale
Dopo aver separato i tuorli dagli albumi, sbattete energicamente i primi, aggiungete lo zucchero e il burro fuso e mescolate finché non si saranno perfettamente amalgamati.
A questo punto aggiungete il latte a filo, continuando a lavorare.
Setacciate insieme la farina, il lievito e il pizzico di sale, aggiungendoli in questo modo un po' per volta all'impasto liquido, lavorandolo bene finché non vi saranno più grumi. Se vi sembra troppo solido aggiungete ancora un po' di latte, dovrebbe avere la consistenza della pastella per la frittura. Al contrario, se è estremamente liquido, setacciate un altro po' di farina.
Montate gli albumi a neve non troppo ferma (altrimenti l'impasto diventerà troppo compatto) e incorporateli delicatamente alla pastella. Mescolate dal basso verso l'alto, altrimenti si sgonfia tutto!
Quando l'impasto sarà di nuovo liscio, siete pronti per cucinarli!
Ungete una padella piccola di burro (non troppo, non volete dei pancakes unti e bisunti, vero?) e metteteci un mestolino di impasto.
Attenzione: non muovete la padella per "spargere" l'impasto, verrebbe troppo sottile; lasciate che prenda la forma che vuole.
Dopo averlo lasciato cuocere per 30/60 secondi su un lato, usate una paletta per ribaltarlo e fate cuocere anche dall'altro. Deve avere un bel colore dorato e un aspetto appetitoso.
Ricordate di tenere il fuoco basso perché durante la cottura deve avere il tempo di lievitare.
E ora mettetelo su un piatto e passate al prossimo... divertitevi a guardare la torre di pancakes che cresce a vista d'occhio ma mano che cucinate.
E' davvero una ricetta ottima e semplicissima... scegliete la guarnizione che più vi piace, dolce o salata che sia e buon appetito!

Gatti: il cibo secco

Attenti alle crocchtte che scegliete: potete far danni.

La maggior parte dei gatti vi guarderà male quando gli propinerete le crocchette. Eppure, sono molto più importanti del cibo umido.
E' vero che in natura il gatto mangia carne fresca e quindi si sarebbe portati a pensare che l'alimentazione migliore sia composta prevalentemente dal cibo in scatola. Ma il gatto delle sue prede mangia praticamente tutto: carne, sangue, organi interni e ossa. consumando tutte le parti della preda, mantiene il suo fabbisogno non solo proteico equilibrato, ma si procura tutte le altre cose di cui il suo fisico ha bisogno (vitamine, sali minerali eccetera). Tali ingredienti non si trovano in quantità soddisfacenti nemmeno del migliore cibo umido.
Al contrario, le crocchette sono più bilanciate e gli forniscono tutto ciò di cui ha bisogno per mantenersi in salute. Non solo, gli mantengono i denti più puliti e prevengono la formazione di tartaro (in natura la carne cruda e le ossa sono molto più dure da masticare del cibo in scatola che gli propiniamo noi e svolgono un'azione pulente).
Purtroppo, il cibo secco è anche quello in cui è più facile, per le ditte produttrici, infilare additivi, ceneri, farine e schifezze di ogni genere.
Un altro fattore determinante sono gli appetizzanti. Molto spesso il gatto mangerà più volentieri crocchette di infima qualità, proprio per la presenza massiccia di queste sostanze. Hanno un sapore a loro più gradito... ma non gli fanno di certo bene. Ovviamente non cadranno stecchiti sul colpo, ma con l'età (dopo gli 8 anni o giù di lì) inizieranno probabilmente ad avere cose poco piacevoli come dermatiti, calcoli renali, problemi di digestione e ingorghi di palle di pelo.
Anche noi possiamo passare tutta la vita a fumare venti sigarette al giorno e mangiare schifezze. Non staremo male, ma quando arriveremo ai cinquant'anni cominceremo a pagarne le conseguenze.

Vi propongo, in breve, un riassunto di alcune marche di crocchette, nel bene e nel male. Visto che quasi sempre ogni marca propone diverse linee, farò una media tra i prodotti destinati ad uso normale (per intenderci, non mi metto a considerare le linee per gatti in sovrappeso o con particolari intolleranze).

Friskies
Assolutamente sconsigliato. La carne effettivamente contenuta si aggira intorno all'1%, il resto sono soprattutto additivi, appetizzanti, ceneri e farine.
Come fascia qualitativa siamo a livelli sottoterra.

Whiskas
Di queste non sono nemmeno riuscito a trovare gli ingredienti, pensate un po'. A detta di molti siamo sempre su una fascia bassissima, e anche il prezzo dovrebbe metterci in guardia (1,50€ per 400 grammi).

Purina One

La meno peggio delle marche che potete trovare al supermercato. Non è così male, ma si mantiene su una qualità almeno decente, le percentuali di carne arrivano al 16%. Però, per quello che ci spendete, potete anche sborsare uno o due euro in più e prendere di meglio.

Royal Canin
Quella che propino ai miei mici. Non fanno troppe storie per mangiarla e sono in perfetta salute. Anche il più piccolo (un trovatello arrivato a casa in condizioni pietose) ora ha un pelo invidiabile. Costa, ma ha un apporto proteico che si aggira intorno al 30% e a quanto vedo ne gradiscono anche il sapore.

Forza 10

L'ultima marca che ho provato, in particolare la linea Fruit. Come la Trainer integra con abbondanti estratti vegetali, ma i mici la gradiscono molto di più. Le proteine sono intorno al 30% per gli alimenti per gatti adulti e arrivano al 35% nella linea per i cuccioli in crescita. Oltretutto, è un prodotto tutto nostrano (creato da un veterinario di Padova). Penso che continuerò con questo, costa un po' meno della Royal Canin ma è di ottima qualità.

Trainer
Molto consigliata ultimamente, è ricca di integratori naturali di origine vegetale. Come qualità degli ingredienti non ci discuto, ma i miei gatti la odiano, non riesco a fargliela mangiare in nessun modo, anche se c'è un buon 25% di carne con una percentuale totale di proteine superiore al 30%.

Hills
Un'altra marca ottima. Non l'ho ancora provata di persona, ma le tabelle alimentari promettono bene, proteine intorno al 32%, poche ceneri. Le percentuali di grassi sono leggermente superiori a quelle di Royal Canin e Forza 10, ma nulla di preoccupante.

Un ulteriore buon indice di qualità è il fare una veloce ricerchina in internet. Diverse marche non rendono pubblici sul web i propri ingredienti, nè ci vengono detti dai negozi online. Chiedetevi perché.
Qui trovate abbastanza informazioni spulciando gli alimenti uno alla volta: http://www.animalipetshop.it/


In sostanza: leggete le etichette e scegliete cibo di qualità. 
Spenderete di più ora ma risparmierete sulle spese veterinarie in futuro.

Oglaf

Questa è innocua. La maggior parte però non lo è.

Sono stato sia colto da un attacco di pigrizia che impegnato, negli ultimi giorni.
Siccome la pigrizia persiste ma non voglio lasciar andare il blog alla deriva, oggi tocca ad un post veloce veloce.
Non preoccupatevi, sarà veloce ma il soggetto è spassoso.
Se non conoscete Oglaf, non sapete che vi state perdendo.
Si tratta di una serie di strisce (fumetti, fumetti) ambientate nel classico mondo fantasy-medievale. Ce ne sono alcune di innocue... ma la maggior parte no.
In che senso? O l'autore è represso sessualmente, o è un pervertito, oppure un genio. In ogni caso, una volta a settimana (circa) ci propina una nuova tavola...e quasi di sicuro il contenuto sarà a sfondo sessuale.
Osceno? Forse. Volgare? A volte. Spassoso? Si, assolutamente si.
Non è un fumetto erotico, è molto più semplicemente demenziale. A me in genere le tematiche sessuali, se fini a se stesse o fuori contesto, danno fastidio. Invece questo fumetto mi fa ogni volta sghignazzare come un cretino.
Non vi preoccupate (anche se non penso che vi stiate preoccupando, dai, qui nessuno è santo), ci sono strisce anche più o meno normali (si veda quella postata), che sono ugualmente demenziali e lollose.
Provare per credere.

http://www.oglaf.com/

Tridente

Il nome originale è "Aquatic", ma parliamo sempre della stessa roba

Visto che è un pezzo ormai che lo uso, eccomi a recensire uno degli ultimi prodotti Lush: il lavadenti.
Non è altro che un dentifricio.. solido.
Perché un dentifricio solido?
Per quanto Lush ci dica che è più comodo da portarsi in viaggio, penso che a livello di ingombro non sia poi così diverso da un tubetto di dentifricio in versione mini. Però il "numero di lavaggi" che si possono fare, a parità di volume è di sicuro superiore.... e pesa meno.
A livello di praticità invece, siamo sempre lì: anche con questi dentifrici solidi abbiamo sempre bisogno dello spazzolino, quindi cambia poco.
Però se si parla di ecologia, sono decisamente superiori ai dentifrici in pasta: non è utilizzata plastica per il packaging e lo spreco non esiste, mentre con quelli tradizionali un po' di dentifricio resta sempre nel tubetto.

Fatte queste considerazioni, ero più che curioso di provare. Purtroppo per me la scelta è stata quasi obbligata.
Benché siano in arrivo nuovi gusti, di quelli attualmente disponibili in Italia tutti avevano per me qualcosa che non andava:
  • il Dirty ha un classico sapore di menta, e volevo provare qualcosa di nuovo;
  • il Mordente è decisamente piccante, e io odio il piccante;
  • l'Ardente ha lo zenzero (zenzero schifo cacca);
  • il Gaudente ha il finocchio (finocchio schifo cacca schifo).
Mi restavano lo Splendente e il Tridente. Ho optato per il secondo, mai visto un dentifricio che avesse dentro il tè.

Lush ci dice:
Allo stesso tempo fresco e delicato, un Lavadenti seducente per baci magici come quelli nati in riva al mare.
Una romantica composizione gustativa di Earl Grey, lime e gelsomino afrodisiaco per rinfrescare l’alito e accendere il desiderio. Per far durare a lungo la magia, l’olio essenziale di lime fa piazza pulita di ogni batterio molesto e invadente, così che possiate baciarvi in pace e quanto vi pare. La polvere di alghe wakame, ricca di minerali e calcio, mantiene sani e forti i denti.

Come si usa?
Facile: prendete una pastiglia e masticatela tra gli incisivi, poi dateci con lo spazzolino come un normale dentifricio.

La prima cosa che mi ha lasciato interdetto è stata il sapore. Sembra detersivo per piatti. Un po' alla volta mi ci sono abituato, ora non lo trovo per niente sgradevole.
In secondo luogo, pensavo che non facesse schiuma. Mi ha subito smentito, entro un minuto sembravo un cane con la rabbia (ovviamente mi sono messo a fare lo scemo davanti allo specchio).
Poi, il colore: la schiuma che si forma è marroncina... non un granché da vedere. Panico immediato alla: ohmioddio mi verranno i denti marroni! Invece, anche qui, no. Devo ammettere che, ora che è un po' che lo uso, era un pezzo che non avevo i denti così bianchi (per un fumatore è una soddisfazione rara). Inoltre, le mie stupide gengive delicatissime non sanguinano più ogni volta che mi lavo i denti.

Nel complesso, comunque, è un prodotto con pro e contro.
Non tutti gradiranno il forte sapore da "disinfettante", e non essendoci la menta, non lascia in bocca un retrogusto fresco.
Essendo solido, mentre ci si lava i denti si sentono bene tanti piccoli granellini. Puliscono meglio, ma anche questa è una sensazione che non tutti gradiscono.
A favore ripeto che i denti restano davvero bianchissimi... e che persiste per ore quella bella sensazione di "dente pulito". Avete presente quando si passa la lingua sui denti e si sente che sono perfettamente lisci? Ecco, quella.

In conclusione, non lo consiglierei a tutti. Se siete amanti dei dentifrici classici, provate il Dirty, a base di menta e neroli, di sicuro gradirete di più.
Io sono rimasto più che soddisfatto, al prossimo giro mi accaparro lo Splendente e vi saprò dire.

Cosa ci trovate dentro (esattamente):
Fosfato Dicalcico Diidrato (Dicalcium Phosphate Dihydrate), Bicarbonato di Sodio (Sodium bicarbonate), Cremor Tartaro (Potassium bitartrate), Glicerina Vegetale (Glycerine), Lauroyl Sarcosine, Caolino (Kaolin), Aroma, Polvere di Tè verde Sencha Biologico (Camelia sinensis), Essenza Assoluta di Gelsomino (Jasminum grandiflorum), Olio Essenziale di Lime (Citrus aurantifolia), Polvere di Alghe Wakame (Algae), Foglie di Tè Earl Grey Biologico ed Equo Solidale (Camelia sinensis), Sale Marino Fine (Sodium Chloride), Acido Citrico (Citric Acid), Sodium Saccharin, *Citral, *Limonene, *Linalool.
*Presente naturalmente negli oli essenziali.


Quanto vi costa:
Confezione da 40 pastiglie - 4,95 €


LUSH.IT  
date un'occhiata al sito della Lush, mi raccomando, 
è tutta robbba bbbuona per voi e per l'ambiente!

Kimono

Cucire uno di questi cosi è più semplice di quanto non sembri
 Dato che presto mi cimenterò anche io in questa impresa, condivido anche con voi (o perlomeno con tutti i nippofili interessati) come cucire un kimono.
Esistono tantissime varietà di questo indumento, io punterò su uno yukata, il kimono più informale, quello che di solito viene usato per le feste estive o indossato dopo il bagno.

Premetto che cucire un kimono è davvero semplice.
Ho trovato diversi cartamodelli in giro, e ne ho adattato uno in modo che il prodotto finale abbia l'aspetto di un kimono e che sia il più semplice possibile da cucire... non voglio impazzire e non sono un sarto , oltretutto avrò davvero pochissime occasioni di usarlo.... è uno sfizio, più che altro.

Cominciamo con il prendere le misure.

I sette pezzi di cui avete bisogno
Misura A: misurate la lunghezza dalla base del collo fino alle caviglie o fino a dove volete che arrivi il kimono. Aggiungete 5-8 centimetri per gli orli.

Misura B: misurate la larghezza della schiena, dal centro fino alle costole. Aggiungete 6 centimetri perché risulti comodo e altri 5 per gli orli. Se lo volete più largo o più aderente, modificate di conseguenza le misure.

Misura C: misurate dalla spalla fino a circa due centimetri sotto al polso. Aggiungete 5-8 centimetri per gli orli.

Misura D: a braccio teso, misurate la lunghezza dal braccio alla vita e raddoppiatela. Aggiungete 5-8 centimetri per gli orli.

Misura E: prendete la misura B e aggiungete altri 10 centimetri per permettere ai pannelli frontali del kimono di sovrapporsi e per renderlo più confortevole. Per le donnine con le tette grandi, aggiungete ancora qualche centimetro.

Misura F: misuratevi approssimativamente la larghezza del collo.

Ora tagliate tutti i pezzi che vi servono, vi consiglio di usare una stoffa un po' più spessa per il collo.
Per il taglio diagonale sul fronte: una volta presa la misura F, tracciate una linea di 30°. Per farlo basterà avere una squadra con angoli da 30 e 60 gradi.

Come nascondere i rognosi bordi sfilacciati
Ora viene la parte rognosa: fate gli orli a tutti i pezzi su tutti i lati. Gli orli servono per impedire che la stoffa si sfilacci.
Poiché il kimono non ha una fodera interna, è necessario nascondere per bene i bordi della stoffa (figura 1-2-3). I pezzi andranno poi cuciti insieme con cuciture piane (figura 4).
Come già detto è la parte noiosa, ma se avete una macchina da cucire ci si mette pochissimo.


ASSEMBLARE


  • Cucite insieme i due pannelli di retro nel senso della lunghezza (figura 1).
  • Piegate a metà nel senso della lunghezza le maniche (lato D) e cucite insieme i lati corti (figura 2-3).
  • Cucite un lato D delle maniche per metà della sua lunghezza (figura 4); la parte che rimarrà aperta è dove passerà il braccio (bravo banana).
  • Sovrapponete uno dei pannelli frontali a quelli posteriori , allineando il lato lungo. Cucite il lato superiore (figura 5), quindi il lato lungo (figura 6), lasciando lo spazio necessario per far passare il braccio.
  • Cucite anche l'altro pannello frontale (figura 7).
  • Allineate le maniche e cucitele (figura 8).
  • Allineate la metà della striscia che sarà il collo con la cucitura dei pannelli posteriori e cucitelo lungo il bordo e lungo il lato aperto dei pannelli frontali. Qui potrebbe essere fastidioso, piegate la stoffa in modo che si adatti all'andamento non lineare del pannello frontale (figura 9-10-11).

E questo è quanto.
Ora procuratevi un obi (una fascia da avvolgere e legare in vita, le donne spesso ci fanno un fiocco sulla schiena; tradizionalmente è lungo sui tre metri e mezzo) del colore che preferite e godetevi il vostro kimono fatto a manina.

Il gioco dei due esiti (lettura)

"Dovrei restare a casa o trasferirmi?"

Poco tempo fa ho letto le carte ad una mia amica che si trovava di fronte alla decisione di lasciare il lavoro e trasferirsi lontana da casa per buttarsi a pesce in una nuova vita e sentirsi autosufficiente.
Come consulto ho scelto il gioco dei due esiti, che parte da una situazione iniziale e delinea due diverse situazioni, l'una ad esclusione dell'altra.

Dopo aver mescolato e tagliato il mazzo e disposte le sette carte necessarie il risultato è stato quello che vedete nell'immagine in alto.

Vediamo cosa è venuto fuori alla domanda: "Dovrei restare a casa o trasferirmi?"

La prima carta, ovvero la situazione attuale, è la Temperanza rovesciata.
Uno stato di tensione, di nervosismo, chiusura e depressione. Incapacità di prendere decisioni e ansie. La Temperanza, che dritta travasa con pazienza l'acqua da una brocca all'altra, rovesciata non ne è più in grado.
E' evidente che c'è un grande dubbio su cosa sia meglio fare, timore di sbagliare e per questo un'ansia di fondo.

La colonna di sinistra rappresenta le conseguenze se avesse deciso di restare in famiglia.
Troviamo:
  • Il Dieci di denari: una carta molto forte dal punto di vista del guadagno materiale. Eredità o guadagni lavorativi, in ogni caso entrate.
  • Il Quattro di denari: la carta del denaro guadagnato con il lavoro, della stabilità, ma anche dello studio.
  • Il Cinque di spade: evidenzia chiusura nei rapporti, insoddisfazione personale o sul lavoro e in casi estremi depressione.
Nella lettura d'insieme, il restare in famiglia avrebbe portato molto probabilmente un nuovo contratto lavorativo, un avanzamento di grado o nuove possibilità sul fronte del lavoro. Soldi in tasca e una maggiore stabilità di sicuro... ma anche una profonda insoddisfazione, la sensazione di essere intrappolati e di non riuscire ad esprimere le proprie capacità.
Insomma, i soldi non fanno la felicità.

La colonna di destra, al contrario, rappresenta le conseguenze del lasciare la famiglia e trasferirsi in una nuova città.
Troviamo:
  • Il Sei di coppe: positivo non solo per l'amore, ma nel campo degli affetti in generale. L'amore o l'affetto che proviamo è ricambiato e disinteressato.
  • Il Quattro di spade rovesciato: le quattro spade sono una barriera, una gabbia, un cancello che costringe alla solitudine. Rovesciate sono di sicuro più facili da aprire: un'uscita dalla solitudine o comunque nuova forza vitale e volontà per uscire da essa.
  • L'Imperatrice rovesciata: si tratta di un Arcano maggiore, e perciò di una carta particolarmente forte. Dritta è sinonimo di riflessività, erudizione, intelligenza, buoni rapporti con la madre. Rovesciata diventa un allontanamento dalla famiglia e, soprattutto per una donna, sperpero e pochezza interiore. Ci dice che c'è bisogno di cercare un nuovo scopo.
Nella lettura d'insieme, di sicuro il trasferimento non sarà una scelta facile e la famiglia non ne sarà felice. Ci sarà bisogno di reinventare se stessi, di cercare un nuovo lavoro e di considerare la propria vita sotto un diverso aspetto. D'altro canto il supporto del partner e degli amici sarà assicurato e i rapporti con loro saranno più semplici; questo unito ad un nuovo desiderio di uscire, frequentare gente e rimettersi in gioco.

Alla fine della lettura, la mia amica mi ha detto "Non mi stai dicendo nulla di nuovo." In effetti il responso era abbastanza prevedibile... ma spesso le carte ci dicono qualcosa che in fin dei conti sappiamo già.

La dieta vegetariana

Roba che fa bene

Mi è ripresa la mania di tornare ad una dieta vegetariana. Cosa non semplice in una casa dove circola carne. Non eccessivamente come in troppe case italiane, ma comunque ce n'è.
Die quello che volete, che la carne è buona, che è necessaria, eccetera, io ribatto semplicemente dicendo: durante l'anno di dieta vegetariana che ho fatto, mi sentivo meglio. Sparito il senso di pesantezza, sparite le emicranie, spariti gli abbiocchi dopo il pasto e durante la giornata. E nessun effetto collaterale, se non un fisico più magro e una pelle con meno brufoli e più luminosa. Questo per me è sufficiente per affermare che rinunciare alla carne non può fare che bene.
Non me la sento di passare al vegano (quindi a rinunciare a tutti i prodotti di origine animale), però farò la mia piccola arringa a favore del vegetariano.
Non voglio scendere nei dettagli ed essere prolisso e noioso (potrei parlarvi in dettaglio di proteine, amminoacidi, lipidi eccetera), solo dare qualche spunto sul perché fare a meno della carne è una scelta sana.

Cominciamo con lo sfatare qualche mito.

"Per farsi i muscoli serve la bistecca."
Balle. Io non sono uno sportivo e "farmi i muscoli" non è tra i miei obiettivi. Però ho conosciuto una persona che sono anni che non tocca la carne ed è un appassionato di escursionismo in montagna. E anche sui sentieri più ripidi fila come un treno, nonostante non sia più un ragazzino.

"Andando aventi con l'età avrai problemi."
Balle. La nonna di una mia amica sono quarant'anni che non mangia carne e sta benissimo. Al contrario, il consumo eccessivo di carne può portare a tumori a livello cardiaco e intestinale e un cedimento prematuro del fisico.

"Avrai problemi di salute."
Balle. Come ho già detto, nell'anno di astinenza dalla carne mi sentivo decisamente meglio. Niente emicranie, niente pesantezza, niente problemi di digestione. E il tono della pelle era migliorato a vista d'occhio, così come la qualità dei capelli: più lucidi, più folti. Più SANI.

"I vegetariani sono tutti animalisti estremi."
Balle. Io ci ho dato un taglio con la carne non perché sono del parere che mangiare un altro essere vivente è immorale, ma perché mi fa schifo l'attuale ciclo di produzione della carne. E il biologico costa troppo per mangiarlo regolarmente. Per capirci: non trovo sbagliato uccidere e mangiare una mucca, ma trovo sbagliato farle vivere la sua breve vita legata ad una catena di mezzo metro o in una stalla dove può muoversi a stento e sguazza nei propri escrementi.

"Mangiare carne è naturale e necessario."
Balle. Possiamo benissimo vivere senza. In condizioni di sopravvivenza si, ammetto che mi mangerei anche la mamma di Bambi... ma per ora abbiamo il lusso di scegliere. Una delle poche scelte che possiamo fare liberamente.
Non dimentichiamoci che di natura saremmo onnivori (c'è chi sostiene addirittura fruttivori) e la carne è diventata solo di recente un bene che tutti si possono permettere... in natura per l'uomo la carne è un lusso che si può concedere una tantum.

"Se non mangi carne tiri avanti a insalate."
Balle. Al contrario, eliminando la carne ci si accorge di quanti modi diversi esistono per cucinare le verdure, combinandole tra di loro e cuocendole in innumerevoli modi. Insalate si, ma anche tortini, zuppe, frittate, sformati, pasticci... al vapore, al forno, grigliate, lesse, arrosto... e potrei andare avanti.
La conseguenza è che si cucina di più, si variano le preparazioni, si mangia con più gusto e con più calma. Non mi sembrano cose negative.

"La carne è insostituibile."
Balle. Certo, è vero che rinunciare alla carne comporta un'attenzione maggiore alla propria dieta, per assumere il giusto apporto di proteine. Ebbene, latte, formaggi, yogurt, uova, legumi (e qui si ha un'ampia scelta tra ceci, fagioli, fagiolini, lenticchie...) sono tutti alimenti contenenti proteine in quantità. Senza esagerare con i formaggi, che vi mandano il colesterolo alle stelle.

Detto questo, sottolineo che non ci rendiamo nemmeno conto di mangiare troppa carne. Diritti degli animali a parte, parlando solo di salute, le dosi che consumiamo sono eccessive, non parlando di fabbisogno proteico, ma tenendo conto che con la carne assumiamo anche lipidi (ciccia!).

Non mi dilungo oltre, e concludo consigliandovi tre cosucce.

"Io Mangio Vegetariano" di Nicla Vozzella
Un po' di parte, ma di sicuro interessante. E' un saggio, ma è piacevole da leggere ed esaustivo.

"Cucchiaio Verde"
Oltre ad un interessante prologo sull'alimentazione, l'abbinamento coretto dei cibi e i gruppi alimentari, offre 1000 (non ho messo uno zero di troppo, sono proprio mille) ricette tra vegetariane e vegane. Siete ancora convinti che i vegetariani campino a cespi di insalata?

"Food Inc."
Un film documentario datato 2008 sul ciclo produttivo alimentare statunitense (modello che si sta espandendo a macchia d'olio anche in Europa), candidato al premio Oscar 2010 come miglior documentario.
Non dico che vi farà dire addio alla carne ma se avete un po' di buon senso almeno vi ci farà pensare.

Mi fermo qui, con una domanda: vi fa tanto schifo l'idea di avere un corpo più sano, una pelle più bella, un umore migliore e, già che ci siamo, spendere meno?

Nanaimo bars

Sembrano libidinose

Ho trovato una ricetta che non vedo l'ora di provare (si, per un po' qui sul blog si parlerà di cibo, problem?), quindi me la pubblico per evitare di perderla o di dimenticarmi il nome.
A catturare le mie attenzione sono state le Nanaimo Bars. Giapponesi? No, canadesi.

Si tratta di dolcetti da preparare a freddo, quindi anche i cuochi più impediti non rischieranno di bruciare nulla, composti da una base di biscotti, cioccolato e noci, uno strato centrale di crema e un ultimo strato di cioccolato.

Via con gli ingredienti.

Base
  • 115 gr burro
  • 55 gr di zucchero
  • 75 gr cacao amaro
  • 1 uovo
  • 1 bustina di vanillina
  • 150 gr di biscotti tritati
  • 100 gr cocco grattugiato (io odio il cocco, penso che compenserò con altro, magari altra frutta secca tritata...mandorle mi suona bene)
  • 60 gr di noci

Ripieno
  • 75 gr burro morbido
  • 60 gr polvere di preparato per crema pasticcera o per budino alla vaniglia
  • 375 gr zucchero a velo
  • 65 gr latte

Copertura
  • 250 gr cioccolata fondente
  • 30 gr burro

Preparare la base
Tritate i biscotti a grana abbastanza sottile e le noci più grossolanamente. Fate fondere il burro, aggiungere cacao e zucchero setacciati e mescolate per benino. Sbattete l'uovo e aggiungetelo al composto. Aggiungeteci anche noci, biscotti e cocco (ccccocccccccooooo nnnnoooo).
Versate in uno stampo quadrato di misura 20x20, rivestito di carta forno, livellatelo a dovere e mettetelo in frigo per almeno venti minuti.

Preparare la farcitura
Lavorate il burro finché non sarà cremoso, aggiungete il preparato per crema o budino e il latte. Quindi aggiungete un po' alla volta lo zucchero a velo setacciato e lavorate finché non ottenete una crema omogenea.
Per esperienza so che le quantità di latte variano a seconda della qualità del latte stesso e ad altri fattori che esulano dalla mia comprensione, quindi aggiungetelo un po' alla volta finché la consistenza non vi sembra giusta.
Spalmate la cremina sullo strato che avrete avuto la pazienza di lasciar solidificare e rimettete tutto in frigo.

Preparare la copertura
Fate fondere il cioccolato a bagnomaria e incorporate il burro, senza smettere di mescolare finché non saranno perfettamente amalgamati.
Ora non vi resta che spalmare l'ultimo strato sul dolce e mettere per la terza e ultima volta in frigo. Portate pazienza, il cioccolato deve indurirsi un po'.

Ora siete pronti per tagliare il tutto a barrette (pulite bene il coltello prima di ogni taglio, altrimenti impiastricciate la crema, ed è un peccato, esteticamente parlando).

Sembra sufficientemente facile. Quasi a prova di scimmia. Quando avrò tempo, proverò. Yay!

Scones

"Se non ti piace il tè, potresti almeno fare un po' di conversazione!"

 Non mi sono reso conto di quanto fosse tardi.
E così, sembra che non abbia postato nulla per due giorni di fila. Non proprio pigrizia, semplicemente mi sono perso a disegnare.
Bando alle ciance, oggi vi parlo degli scones, visto che la settimana scorsa li ho preparati per l'ennesima volta; ma stavolta con la mia dolce metà (per favore dite tutti "aaaaaaaaw").

I miei primi scones risalgono a quando avevo undici anni. Ed erano così duri che potevi ammazzare qualcuno tirandoglieli dietro. E' passato un bel po' di tempo, ora riesco a farli decenti. A patto che si mangino freschi o al massimo il giorno dopo, altrimenti auguri.
Dunque. Gli scones sono pasticcini di origine scozzese molto popolari nel Regno Unito, non sono molto dolci e vengono consumati preferibilmente all'ora del té e sono davvero semplici da preparare.

Per gran parte di quanto segue, ringrazio il mio amico Kyle, che mi ha dato parecchi consigli e mi ha spiegato per bene che diamine è la clotted cream (non preoccupatevi, ci arriveremo). Del resto lui è del Devonshire, e da quelle parti gli scones sono una specialità tipica locale; non a caso il "tè con scones" viene anche chiamato "Devonshire tea".

Ma veniamo agli scones. Per circa venticinque pasticcini procuratevi:
  • 500gr farina
  • 110gr burro
  • 300ml latte
  • 150gr uvetta
  • 1 uovo
  • 1 pizzico di sale
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 2 cucchiai di zucchero
Tagliate il burro a pezzetti e lasciatelo intiepidire; nel frattempo setacciate la farina con il sale e il lievito, aggiungete lo zucchero, il burro ammorbidito e lavorate bene il tutto finché non risulta omogeneo.
Aggiungete l'uvetta o, se proprio l'uvetta vi fa schifo (...RAISINS), sostituitela con delle gocce di cioccolato.. o anche nulla. In questo caso dopo aver aggiunto il latte dovrete aggiustare di farina a occhio.
Aggiungete un po' alla volta il latte e continuate a lavorare finché non vi si appiccicherà più alle mani. Non siate pigri e metteteci energia, è fondamentale impastare bene!
Stendete l'impasto  a uno spessore di 1-2 centimetri. Se avrete fatto un buon lavoro lieviteranno parecchio, don't worry. Tagliate dei dischetti con un bicchiere, metteteli su carta da forno, spennellateli con l'uovo sbattuto e infornate (con forno già caldo) a 180° per 20 minuti; devono essere belli dorati.
Con un po' di mano sarà tutto pronto (e se vi ci mettete, riuscite anche a lavare gli utensili) in meno di un'ora.
Tiepidini sono il massimo.

Ora che abbiamo gli scones, per fare una cosa come si deve ci manca ancora il ripieno. Armatevi quindi di marmellata e clotted cream.

La "clotted cream", letteralmente "crema coagulata", non è da confondersi con la "whipped cream", ovvero la panna montata. Come consistenza e sapore sta a metà tra quest'ultima e il burro. La cosa che si avvicina di più è il mascarpone.
Trovarla già pronta in Italia non è semplice, spesso l'unica soluzione è comprarla online... ma perché spendere di più se possiamo farla in casa?

Facile a dirsi, un po' meno a farsi. Innanzi tutto vi serve una panna fresca da montare, non pastorizzata (mi raccomando, è importante che non sia pastorizzata!) e con la più alta percentuale di grassi possibile, superiore al 35%. L'ideale sarebbe attorno al 50%.

Vi propongo tre ricette... dalla più lunga alla più sbrigativa.

IN FORNO
  • 4 tazze di panna
Mettetela in un recipiente adatto al forno con fondo spesso, incoperchiate e mettete in forno a 80°... per almeno OTTO ORE. Eh si, otto ore. Trascorso questo tempo, tiratela fuori e dopo averla lasciata raffreddare mettetela in frigo.. per altre otto ore.
Ora potete rimuovere delicatamente lo strato superficiale, che consiste in una pellicina e nella panna densa che vi resta appiccicata.
Occhio: non mescolate!
Vi rimarrà della panna liquida sul fondo, potete utilizzarla per fare un altro dolce.

SUL FORNELLO
  • 2 parti di latte fresco intero
  • 1 parte di panna

Versate tutto in un tegame e mettete su fuoco bassissimo per almeno un paio d'ore, o comunque fino alla formazione di un pellicina giallastra. Togliete dal fuoco, fate raffreddare e mettete in frigo per almeno tutta la notte. Il mattino seguente la panna dovrebbe essersi separata dal latte, divideteli delicatamente. Anche qui, non mescolate! Mai. MAI!
Il latte che vi avanza bevetevelo, usatelo per un dolce, datelo al gatto. Insomma, vedete voi.

SENZA IMPICCIARSI CON COTTURE VARIE
  • 250gr panna
  • 120gr mascarpone fresco freschissimo
  • 1 cucchiaio di estratto di vaniglia
  • 1 cucchiaio di zucchero finissimo (ma non a velo)
Ok, qui basta schiaffare tutto in una ciotola e montarla a mano (seh... auguri... non sono mai riuscito a montare nulla a mano) o con una frusta elettrica. Ed avete finito.
Visto che come già detto è difficile trovare una panna davvero grassa qui nel Bel Paese, quest'ultima versione, anche se meno ortodossa, vi dà un risultato più simile all'originale. Se non la mangiate subito conservatela in frigo (ma che Capitan Ovvio che sono oggi).

...se proprio non volete sbattervi... prendete del mascarpone.

Bene, ora avete tutti gli ingredienti per il vostro Devonshire tea. Enjoy!

Opal Nera

Come to the Dark Side, we have Opal Nera

Mai sentito parlare dell'Opal Nera? Se bazzicate l'ambiente dei superalcolici da un po' forse si, altrimenti con tutta probabilità no.
Quindi, stasera vi faccio conoscere questo italianissimo liquore, che ormai spadroneggia in più di 30 Paesi, arrampicandosi ai primi posti nelle vendite non solo della sambuca nera, ma della sambuca e basta.
Si, perché non è altro che una revisitazione moderna della tradizionale sambuca italiana, il nostro liquore a base di anice, tanto dolce quanto forte.
Ma cos'ha di tanto speciale questa sambuca?

Innanzi tutto, il colore.
Non esiste al mondo un liquore che abbia lo stesso colore di questo. E' nero, nerissimo, con riflessi che variano a seconda della luce, ma che principalmente danno sul viola. E non è frutto di coloranti da quattro soldi, è ottenuto naturalmente dalla distillazione degli ingredienti. E anche se diluito, il colore non cambia... anche questo fa parte del suo fascino.

Poi, il profumo.
Oltre all'odore pungente della sua sorellina bianca, l'Opal Nera ha una nota più intensa e profonda, un odore più dolce, speziato e avvolgente. Sta lì a dirti "bevimi, bevimi! ...non mi hai ancora bevuto?! Cretino.".

Quindi, la consistenza.
La sambuca di per sé è un liquore abbastanza denso. Questo lo è ancora di più. E' cremoso, vellutato, senza però appiccicarsi al palato come quasi tutte le creme liquorose. Anche qui dipende dal fatto che non c'è l'aggiunta di panna, latte o addensanti.

Infine, il sapore.
Dentro ci trovate anice stellato, anice cinese, anice verde italiano, fiori e bacche di sambuco, cannella, limone e liquirizia.
L'anice predomina, ma è accompagnato da liquirizia, bacche, cannella e una punta fresca di limone che non guasta mai. Vi resterà a lungo sul palato una sensazione dolce ma non stucchevole... e in gola e nello stomaco questo liquore vi ricorderà che nonostante tutto ha un volume alcolico del 40%.
Ed è ottima in ogni modo, contesto e momento decidiate di berla. E' ottima liscia, è ottima con abbondante ghiaccio, è ottima bollente, è ottima nei cocktails ed è ottima nel caffè.

Vi lascio con qualche semplice ricettina, anche se io la preferisco liscia.

BLACK MAGIC

  • Opal Nera
  • Batida De Coco
In uno shot di Opal Nera, versate poche gocce di Batida De Coco. Se fatto nel modo giusto otterrete un cocktail a strisce bianche e nere di sicuro effetto.

ITALIAN GENTLEMAN
  • 30ml Opal Nera
  • 10ml Amaretto
Dolce, dolce, con note di mandorla. Servite in uno shot.

PINK ELEPHANTS ON PARADE
  • 30ml Opal Nera
  • 30ml Vodka
  • 30ml succo di fragola
  • 60ml succo di lime
Leggermente più aspro, ma niente di serio. Shakerate bene e servite in un thumbler alto con ghiaccio tritato.

Siete ancora lì? Procuratevi una bottiglia e assaggiate. Non è nè facile da trovare nè economica, ma la ventina di beuri che spenderete li varrà tutti.

Minerva Mink


Cosa succede se dai una matita ad un disegnatore sessualmente frustrato


Oggi voglio farvi conoscere un personaggio della Warner che non è mai sbarcato in Italia (quasi quasi mi sento di dire "per fortuna").
Compare giusto un paio di volte nei cartoni della serie degli Animaniacs -ve li ricordate?- e, appunto, solo nella seria americana. 
Tra un po' scoprirete perché questo personaggio non ha fatto molta strada, restando isolato in soli due episodi e qualche piccolo cammeo, sparendo poi dalla circolazione.

Ok, finito il piccolo preambolo, vi svelo di chi sto parlando: si tratta di Minerva Mink, una delle protagoniste più inappropriate mai viste in un cartone animato. 
Cavalcando il successo dell'omonima attrice, Minerva doveva essere chiamata Marilyn… ma i produttori hanno detto più o meno "eh no, sarebbe un po' troppo".
Ma cos'ha questo personaggio di sbagliato?
Cominciamo dall'aspetto. Minerva è un visone bianco, con coda e capelli biondi. Non la vedremo quasi mai due volte con lo stesso vestito perché una ragazza figa che si rispetti ha un sacco di abiti diversi. Quindi Minerva sfilerà per noi con abitini uno più sexy dell'altro: vestaglie, minigonne, tutine da corsa iper attillate.
In secondo luogo, l'atteggiamento. Già alla sua prima apparizione la nostra dolce pulzella esordirà scrivendo nel suo diario che è proprio una povera piccola sfortunata: non ha ancora trovato un bel ragazzo con dei genitori ricchi sfondati.
Minerva sa di essere bella e ne approfitta per fare la puttanella con qualsiasi esemplare maschio che le capiti a tiro: dal lupo nerd e sfigato che ha una cotta per lei (e che otterrà le sue attenzioni solo quando lei scoprirà che con la luna piena si trasforma in un fusto tutto muscoli), al bassotto che le da la caccia per conto del proprio padrone. E in genere sembra che qualsiasi maschio che la veda perda completamente la testa.
Per fortuna che il design iniziale, che la prevedeva senza vestiti sia stato cambiato. Non mancano comunque scene dove si sottolinea che sia nuda (dietro una tenda con la silhouette delineata), o con riferimenti erotici, come l'immancabile spallina che cade mentre Minerva con voce suadente cerca di sedurre il boccalone di turno.

Ora, non prendetemi per un bacchettone. Ma dovrebbe essere un cartone destinato ai bambini. L'unico messaggio che trasmette alle bambine è che devono essere fighe e fare le troiette con chi vogliono e mi raccomando, scegliete come compagno solo uno che sia alto, bello, muscoloso e pieno di soldi. Fate i capricci, fatevi viziare e siate provocanti, that's the way

Lo so, in effetti è una triste realtà, ma non mi dispiace troppo che dopo due episodi Minerva ci abbia salutato. 

I due episodi incriminati si trovano in giro per la rete, appena ritrovo una pagina dove ve li possiate guardare aggiornerò.