La scuola dei disoccupati

Una spaventosa allucinazione lucida
Ultimo post del mese, ed è di nuovo una recensione.
Novembre è andato un po' così, ho avuto davvero tanto da fare, rimedierò con dicembre, promesso.
Tornando a noi, chiudiamo il mese con una recensione di un libricino sintetico e deprimente, dello scrittore tedesco e professore universitario Joachim Zelter.
Si tratta di un romanzo distopico, ma nemmeno tanto: parla sì di una società futura, ma talmente vicina che basta allungare una mano per toccarla.
Nel non troppo lontano 2016, in Germania è stata istituita una scuola speciale, la Sphericon. Chi vi si iscrive passa tre mesi in divisa nera, isolato dal mondo, sottoposto a ore interminabili di studio, palestra e attività formative. L'indirizzo specialistico della scuola? Insegnare a trovare lavoro.
Gli studenti di Sphericon infatti sono tutti disoccupati cronici. Verrà loro insegnato ad ottenere un posto di lavoro con le unghie e con i denti, truccando i curriculum, approfittando dei necrologi nei giornali, demolendo la propria personalità promettendo loro un "nuovo inizio".
Perché il lavoro non è più un diritto, ma un privilegio. E i privilegi si conquistano.
Tra le pagine di questo libro si respira un'atmosfera grigia, deprimente, statica, ma al contempo in costante movimento. Veniamo tuffati in un lager moderno con regole ferree, ma dove non esistono prigionieri: sono tutti consenzienti e viene detto loro che possono andarsene quando preferiscono. Ma nessuno lo fa, nessuno si azzarda nemmeno a provarci.

Lo stile di scrittura è semplice e scarno così some il linguaggio usato all'interno di Sphericon. Frase brevi e concise ci accompagneranno per tutta la lettura. Non c'è spazio per nessun tipo di fronzolo, ad eccezione delle brevi boccate d'aia che ci verranno concesse durante i monologhi interiori della protagonista Karla (che più che protagonista è solo una studentessa sulla quale ci soffermeremo un po' di più).
Parlando di personaggi, non ce ne sono molti, e possiamo raggrupparli in due categorie: il personale di Sphericon e gli studenti.
La prima categoria comprende personaggi tutti uguali: brillanti, dal carattere forte, estroversi, entusiasti della vita. Che sia davvero il loro carattere o sia solo una posa necessaria al loro lavoro non ci è dato saperlo.
Dall'altra parte ci sono gli studenti, i disoccupati: tristi, grigi, deboli, senza prospettive di vita.
Il libro divide chiaramente quello che è accettabile da quello che non lo è: tutto è bianco o nero, non esistono vie di mezzo. L'unico modo per non appartenere alla categoria dei disoccupati (il gradino più basso della società, status non accettabile), è avere un lavoro.
E per avere un lavoro, gli studenti sono spronati a ricostruire se stessi. Ma non attraverso un vero e proprio lavoro sulla propria personalità, sul trovare nuovi interessi o sviluppare conoscenze, bensì reinventando la propria vita. E la vita, nell'ambito lavorativo, sta tutta nel curriculum.
Quindi, via ad inventare, rielaborare, modificare eventi e date per rendere la vita del disoccupato più impressionante ed interessante possibile. Non è necessario che si sia davvero scalato il monte Everest, si sia stati dei professionisti di rugby, c si sia laureati in astrofisica. Basta scriverlo. Un curriculum non deve essere vero, deve essere coerente.
L'individuo viene plasmato sulle menzogne, diventa un attore pronto a impersonare il ruolo che gli è stato dato.
Per uscire dalla disoccupazione bisogna avere faccia tosta, sorriso smagliante, bella presenza, non personalità o un percorso di studi qualificante.
Durante la lettura, attraverseremo un triste (e purtroppo vero, vista la realtà che ci circonda), processo di spersonalizzazione dell'individuo, all'insegna del "non conta chi sei, ma come appari". Purtroppo perfettamente calzante alla situazione lavorativa attuale.
Assisteremo ai personaggi che si impegnano alacremente lungo il loro percorso di uniformazione per essere idonei ad un posto di lavoro. Come già detto, sono tutte persone depresse, senza forza di volontà: ci viene spiegato che la disoccupazione è uno stato mentale, che nasce dall'incapacità di adattamento e di risolutezza del diretto interessato.
A parer mio, non è un'affermazione sbagliata, o almeno non del tutto.Ma l'unica soluzione proposta in questo caso è l'uniformazione totale. Il timido, il debole, l'insicuro, tutti loro non sono accettabili.
In mezzo a tutti gli altri studenti la protagonista sembra l'unica a rifiutare totalmente di applicare quanto le viene insegnato. Ma poiché come già detto nel libro non ci sono mezze misure, anche lei non fa eccezione. Arriva a Sphricon chiusa, quasi incapace di parlare per via della timidezza, con un blocco psicologico totale. Blocco che aumenta quando le viene detto che se vuole diventare parte integrante della società deve gettare tutte le sua aspirazioni, i suoi sogni, la sua vita passata e diventare una persona nuova.
Lei non compie nessun passo avanti. Non sa nemmeno lei bene il perché: non vuole. Non risponde alle domande, balbetta in modo sconclusionato, sa cosa è meglio per lei. O forse no.
Questo non fa di lei un'eroina, ma solo un personaggio irritante. Non riesce a compiere una vera e propria ribellione, è solo in grado di crogiolarsi nel suo brodo insipido senza combinare niente. Perché ha paura, perché è troppo difficile, perché non vuole. E' più facile stare zitti, restare disoccupati, non cambiare niente di sè stessi.

Come già detto, si tratta di un libro di contrasti. E' deprimente vedere i "nuovi metodi" per il recupero dei disoccupati, ma non si riesce ad essere totalmente in disaccordo. Queste persone vengono prese, viene loro data una disciplina, si insegna loro un nuovo modo di vivere e di considerare sè stessi. Ma in questo modo si fa loro il lavaggio del cervello, rendendoli solo in apparenza persone autonome; in realtà continueranno a vivere come gusci vuoti, ripetendo per tutta la vita gli schemi che sono loro stati insegnati, senza mai coltivare un interesse vero. O comunque, anche se lo coltivassero, se non fosse qualificato come utile ai fini del curriculum, sarebbe considerato una perdita di tempo.
Sebbene l'autore sia tedesco e parli della realtà in Germania in un ipotetico futuro, non sembra così distante e diverso da quello che sta succedendo qui in Italia, dopotutto.
Non è un libro che mi ha trasmesso grandi emozioni, è una lettura asciutta, sintetica, con poco spazio per i sentimenti. Ma è un libretto che fa pensare.
Confonde le idee, arrivando a convincerci che il metodo di recupero proposto sia davvero la cosa migliore, ci fa di nuovo cambiare idea facendoci arrivare alla conclusione che i sistemi utilizzati sono estremi, poi ci fa pensare che la protagonista in fondo se lo merita e che non le può fare altro che bene, per poi farci ricredere ancora.
E' un piccolo test personale che vi consiglio di provare, se ne avete l'occasione, e se avete voglia di restare con una sensazione amara in fondo alla bocca.

Drive-In (la trilogia)

Cannibalismo, tatuaggi animati, dinosauri, comete ghignanti e altro ancora
Ed eccomi finalmente a recensire Drive-In, una delle mie ultime letture.
Non sarà facile per me recensire questa opera di Joe Landsdale, scrittore statunitense ed autore di fantascienza, horror, sceneggiature per fumetti e testi televisivi: ho tanto da dire e tante considerazioni da fare, rischio di perdermici in mezzo e finire con uno sproloquio invece che con una recensione. Ma ci proverò lo stesso.

Cominciamo con il dire che in questo volume trovate:
  • La notte del drive-in -un film di serie B con sangue e popcorn, made in Texas- (1988)
  • Il drive-in 2 -non uno dei soliti seguiti- (1989)
  • La notte del drive-in 3 -la gita per turisti- (2005)
Si tratta di tre romanzi brevi (o racconti molto lunghi) di meno di duecento pagine l'uno, successivi l'uno all'altro e con il medesimo protagonista.
E' difficile recensire una trilogia senza spoilerare nulla, proprio per questo ci ho messo così tanto a scrivere questa recensione. Alla fine ho deciso di palare della trama del primo libro in modo più approfondito, mentre degli altri due accennerò solo le poche cose che potreste benissimo leggere nella presentazione in quarta di copertina del libro stesso.

I Drive-In sono quei cinema all'aperto dove il film viene proiettato su un grande schermo, e la gente assiste comodamente seduta nella propria macchina.
Siamo in Texas, nel drive-in più grande del mondo, e ogni venerdì qui si tiene la Grande Nottata Horror. Dal tramonto all'alba gli spettatori possono godersi una maratona di film pieni di sangue, mostri e ammazzamenti vari, bevendo Coca Cola e sgranocchiando popcorn.
Ma questa volta sarà diversa dalle altre. eh si, perché questa volta scenderà dal cielo una cometa rossa con una bocca piena di denti, e quando se ne andrà nulla sarà più come prima. Perché ora sembra che al di fuori della recinzione del drive-in non esista più nulla, solo oscurità.
Il gruppetto di protagonisti si trova imprigionato nel microuniveso del drive-in, dove il tempo è relativo.Presto il cibo comincia a scarseggiare, i freni inibitori pian piano cedono, le regole sociali svaniscono. E in sottofondo a violenza, cannibalismo e creature deformi, i film horror continuano a venire proiettati incessantemente.
Fermiamoci qui. So già che gli amanti dello splatter avranno già l'acquolina in bocca. E hanno perfettamente ragione.
Nei due libri successivi, senza anticiparvi troppo, posso solo dirvi che le situazioni si faranno sempre più bizzarre, mescolando elementi tipici dei romanzi horror, fantasy, di avventura e fantascienza, in un nonsense crescente supportato comunque da una trama valida e ben articolata, che va a dipanarsi lentamente.
L'autore riesce a costruire ed espandere un mondo tutto suo, governato da regole bizzarre che pare non siano sempre valide. Ma lo fa senza esagerare, senza creare situazioni scontate e riuscendo sempre a tenerci con il fiato sospeso in attesa della prossima bizzarria. Sembra quasi un mondo alla Walter Moers... riservato esclusivamente ad un pubblico adulto.
Scavando nemmeno troppo a fondo non è difficile leggere una critica (quasi una satira) sulla dipendenza dell'uomo moderno nei confronti della televisione: la scatola magica contiene la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. E senza di essa l'uomo contemporaneo è perduto. Ha dimenticato il vivere insieme, il raccontare storie, il costruire con le proprie mani. Può tornare ad impararlo, ma appena la tentazione dello schermo televisivo ritorna, ecco che continua a ricascarci, povera pecorella incapace di intendere e volere. La televisione è il cantastorie, il messia, il pastore della società moderna.

Nel complesso, la cosa più curata e meglio riuscita è l'evoluzione dei personaggi. Le reazioni sono sempre credibili e variegate, c'è chi impazzisce, chi si sforza di mantenere la lucidità, chi abbandona qualsiasi freno morale e chi invece cerca di mantenere una parvenza di umanità. Ma tutti i personaggi, lentamente, cambiano.
E' ipnotico vedere come, in una forzata situazione di emergenza, non solo le azioni e il modo di pensare dei personaggi compia una più o meno lenta evoluzione, ma muti anche lo stile di scrittura dell'autore.
Il libro è narrato in prima persona e la trilogia copre un lasso di tempo imprecisato ma comunque lungo. E man mano che il protagonista diventa più cinico e la sua scorza emotiva si fa più dura, il modo di narrare cambia. Le volgarità aumentano ma perdono di significato, diventano parte di un nuovo linguaggio comunemente accettato.
Essendo il protagonista maschio e avendo noi la possibilità di sbirciare nei suoi pensieri, non mancheranno numerose allusioni sessuali, più o meno esplicite. Con il procedere della trama, anche la sessualità assume un altro valore. Diventa un modo per sfogarsi e perde ogni aspetto erotico, si è solo alla ricerca di una scarica di endorfine che possa distrarre per un po' dall'incubo nel quale si è immersi. E questo vale sia per gli uomini che per le donne, nessuna si fa più scrupoli a cercare una scopata, così come nessuna viene giudicata una puttana se ha numerosi partner. Cose come la masturbazione e la sodomia non sono più tabù: quando non sai se arriverai vivo alla fine della giornata i problemi veri diventano altri.
Con questo non voglio dire che il libro sia volgare o pornografico. Come vi ho già spiegato, volgarità, sesso (e violenza) a lungo andare diventano la normalità. E come il protagonista si abitua a certe scene (isteria di massa, cannibalismo, nudità), anche il modo di descrivercele cambia. Vengono usate sempre meno parole, sempre più scarne, sempre meno colorite.
E' la differenza che passa tra un beduino del deserto che descrive una nevicata mentre la osserva per la prima volta (che potrebbe suonare come "Minuscoli cristalli cadono dal cielo, gelidi al tatto ma dalle forme perfette..."), e come la descrive un norvegese ("Sta nevicando"). In un cambiamento narrativo graduale ma costante. Dopo un po' ci abituiamo anche noi senza accorgercene, adattandoci mentalmente ad un mondo stravolto e primitivo.
La trilogia si legge tutta d'un fiato (a meno che come me non vi becchiate un blocco totale nei confronti di qualsiasi tipo di lettura): lo stile è moderno, scorrevole e veloce, non ci sono punti narrativi morti o passaggi lenti, e ad ogni pagina c'è qualcosa di nuovo che allo stesso tempo ci svela un pizzico in più dell'intreccio generale, instillandoci allo stesso tempo nuovi dubbi nel cervelletto.

L'autore ha combinato in questa trilogia elementi splatter, nonsense, decine di citazioni cinematografiche, adrenalina e una buona dose di humour (soprattutto humour nero, ma che ve lo preciso a fare, dovreste aspettarvelo da un soggetto del genere).
Tra il secondo e il terzo libro l'autore si è preso ben sedici anni di pausa riflessiva. Forse non riusciva a pensare ad un modo decente di concludere il tutto. E in effetti il finale lascia un po' un sapore di incompiuto, pur dando un senso logico e una spiegazione a tutto quanto. Ma per il finale vero e proprio si poteva fare di meglio.
Nel complesso però abbiamo una splendida trilogia in salsa horror con uno spiccato sapore da B-Movie anni '80. Insomma, sembra di guardare uno di quei filmetti horror dagli effetti speciali un po' alla buona che andavano tanto di moda negli anni '80, soprattutto in America.
Quindi il mio consiglio è: non pensate al traguardo e godetevi il viaggio.
Non ve ne pentirete.

Biscotti al cioccolato bianco

Ipercalorici, dannosi per il fegato e assolutamente goduriosi
Finalmente ho trovato un po' di tempo per rimettermi a cucinare. Era un pezzo che non facevo dei biscotti, sia per il poco tempo a disposizione, sia perché sono molto schizzinoso... non amo creme, marmellate, troppo zucchero o troppo cioccolato (ad eccezione dei brownies che sono una maledizione tentatrice).
In via del tutto eccezionale avevo voglia di cioccolato bianco, che poco ha a che vedere con il cioccolato: è una schifezza composta soprattutto di burro che fa malissimo alla linea e al fegato e che io adoro.
Per una volta io e la mia ragazza abbiamo messo da parte le preoccupazioni sul diventare tutti ciccia e brufoli e ci siamo cimentati nella preparazione di biscottini al cioccolato bianco.
Era la prima volta che affrontavo questa ricetta, ma non la prima in cui mi scontravo con le insidie del cioccolato bianco in forno. Se non avete mai provato preparazioni di questo tipo, vi avverto che non è così immediato capire quando il biscotto ha raggiunto la cottura adeguata: sembra sempre troppo molle. Così si finisce con il lasciarlo in forno "ancora cinque minuti" e poi "ancora cinque minuti", finché non si ottengono dei biscotti con la consistenza di una roccia e il sapore di un toast carbonizzato. Vi spiegherò anche come evitare questo risultato.
La ricetta originale prevede l'utilizzo di noci tritate (50 grammi), ma a me la frutta secca proprio non piace, quindi ho aggiustato le dosi omettendole e diminuendo un po' la quantità di burro. Come ho già detto, i dolci mi piacciono più semplici possibile.

Procuratevi:
  • 120 grammi di burro
  • 250 grammi di farina autolievitante (o farina normale e un cucchiaino di lievito)
  • 110 grammi di zucchero di canna
  • 125 grammi di cioccolato bianco
  • 1 uovo
  • sale
La farina autolievitante la trovate abbastanza facilmente in supermercati ben forniti. La trovate anche sotto il nome di "farina con lievito".
In una terrina con una buona capienza tagliate il burro a cubetti, poi schiacciatelo e lavoratelo con una forchetta per ammorbidirlo un po'. Aggiungete lo zucchero e impastate bene. Quando gli ingredienti sono abbastanza amalgamati (mettetevici d'impegno, dovrete litigarci un po'), usate uno sbattiuova o, se al contrario di me avete buona mano per queste cose, una frusta, sbattendo il composto finché non otterrete una crema abbastanza soffice (il burro deve montare un po'). Se usate lo sbattiuova vedete di aver lavorato già bene il composto e che sia abbastanza morbido, altrimenti fonderete il motore; lavoratelo a più riprese.
In una ciotola piccola fate montare l'uovo fino a che non sarà spumoso (sempre con il magico sbattiuova), quindi aggiungetelo al composto di burro e zucchero un po' alla volta, amalgamando lentamente per non farlo smontare.
Setacciate insieme la farina e un pizzico di sale, aggiungendola in due o tre volte agli altri ingredienti, non serve che impastiate perfettamente per ora.
Tritate il cioccolato a pezzetti molto piccoli e aggiungeteli al resto. E' il momento di impastare tutto per bene: utilizzate le mani e impegnatevi per distribuire il cioccolato in modo uniforme nell'impasto.
Coprite la teglia da forno con della cartaforno antiaderente, e formate con l'impasto tante palline grandi all'incirca come una noce, schiacciatele leggermente e disponetele sulla teglia un po' distanziate tra loro, dandogli lo spazio per lievitare.
Cuocete in forno già caldo a 180° per un quarto d'ora.
Ecco, vi ho detto i dispetti che vi faranno: sembreranno sempre molli. Trascorsi i quindici minuti, aprite il forno e infilzate un biscotto con uno stuzzicadenti. Se lo stuzzicadenti ne esce pulito (ovvero la punta non cambia colore, in questo caso invece indice che dentro il dolcetto è ancora bagnato e crudo), sfornateli. Fregatevene se sono soffici, è normale così, stanno solo cercando di ingannarvi.
Lasciateli raffreddare per almeno enti minuti senza toccarli: in questo modo il burro e il cioccolato torneranno a rapprendersi un po', dando ai biscotti la giusta consistenza.
Questi biscottini ipercalorici sono fantastici nel latte. L'aspetto ideale è dorato o marroncino sotto e pallido sopra, con una consistenza friabile ai bordi e all'esterno, mentre dentro rimarranno morbidi. Se volete proprio farvi del male serviteli come dessert accompagnati da panna montata, glassateli o decorateli con pasta di zucchero.
Se decidete di provare a farli, è indispensabile avere un cioccolato bianco di buona qualità (spendete tre euro invece di sessanta centesimi, non andrete di certo in miseria per questo), altrimenti vi troverete con dei biscotti molli e cotti male:  la qualità del cioccolato fa davvero la differenza.

Il guinzaglio

Il guinzaglio giusto rende più tranquilli noi e più felici loro

E' un po' che non scrivo, ma lavoro e impegni vai mi esauriscono le forze, e di sera proprio non ce la faccio a concentrarmi per sfornare un articolo decente. Ma visto che sono molto preso con il lavoro, posso sempre scrivere qualcosa inerente ad esso.

Così oggi vi parlo un po' dei vari tipi di guinzaglio, come scegliere quello adatto e perché.

Spesso la gente non prende in considerazione il fatto che una passeggiata serena e sicura dipenda non solo dall'educazione del cane, ma dagli strumenti utilizzati. Senza strumenti adeguati faremo più fatica ad insegnare a Fido il comportamento corretto. E' un po' come cercare di imparare una lingua straniera: sarà di sicuro più facile e rapido con un libro di testo valido.
Ce ne sono di tutti i tipi, colori, lunghezze e materiali: nylon e pelle (o ecopelle) sono quelli più robusti e utilizzati. Ultimamente si trovano perfino guinzagli catarifrangenti per le passeggiate notturne.
Come prima cosa è da sfatare il mito che per controllare meglio il cane serva un guinzaglio corto. Guinzagli troppo corti peggiorano solo il problema: il cane indisciplinato tira e avendo pochissima libertà di movimento si sente insoddisfatto, frustrato e apprende più lentamente. Spesso l'unica reazione è quella di tirare ancora di più.
Ma nemmeno il guinzaglio troppo lungo va bene. Tramite questo strumento comunichiamo al cane non solo la direzione da prendere, ma anche la nostra presenza e il nostro stato d'animo. Oltre a una certa lunghezza non ci "sentirà"più come coordinatori della passeggiata e riterrà opportuno fare come meglio crede.
La lunghezza ideale è tra i 120cm e i 150cm: potremmo così concedere al cane la libertà di movimento necessaria quando saremo in zone tranquille e dargli la gratificazione di una restrizione minore, mentre potremo sempre avvolgerlo intorno al polso quando avremo la necessità di tenerlo più sotto controllo.
Attenzione: per legge il guinzaglio non deve superare i 150cm. Se avete il cane libero in città potete prendervi una multa, ma se il vostro guinzaglio supera il metro e mezzo di lunghezza ve la prenderete comunque!

Detto questo, è bene precisare che il guinzaglio è uno strumento di educazione, ma per il nostro amico peloso deve anche rappresentare un oggetto piacevole che significa che sta per uscire a spasso con noi. Per questo non bisogna mai usare il guinzaglio per colpire, picchiare o punire il cane in alcun modo.
Ma in quanto strumento educativo, il cane deve portargli rispetto. Non è un giocattolo da mordere o da rosicchiare e dopo la passeggiata non dobbiamo lasciarglielo a disposizione, riponendolo in un luogo a lui inaccessibile. Questo contribuisce a renderlo un oggetto "speciale" ai suoi occhi che in sintesi significa interazione. E il cane, essendo animale sociale, è nell'interazione che è maggiormente gratificato.
Anche comportamenti come mordere il guinzaglio in passeggiata sono da correggere. Questo strumento rappresenta l'estensione del nostro braccio, mordendolo ci sta mancando di rispetto. Può sembrare carino quando il cane "ci porta a spasso" tenendo il guinzaglio in bocca mentre cammina davanti o di fianco a noi, ma è come se ci stesse trascinando per un braccio. Quindi, correggetelo.

Se tenete il guinzaglio così andate sul sicuro
Il modo migliore di impugnare il guinzaglio è tenendo il pollice infilato nell'asola all'estremità: averlo solo infilato al polso è rischioso, in quanto potrebbe facilmente sfuggirci di mano. In questa posizione possiamo anche facilmente correggere l'andatura del cane semplicemente stringendo la presa. Questa presa è definita "presa di sicurezza", e ci dà il massimo controllo sulla passeggiata.

Così possiamo avere il miglior controllo possibile sul botolo
Dopo aver afferrato saldamente il guinzaglio con una mano, condurremo il cane sul fianco opposto, tenendo ulteriormente il guinzaglio con la mano libera. Questo accorgimento completa la presa di sicurezza, consentendoci di far scorrere il guinzaglio sul palmo per concedere più movimento al cane, o chiudere la presa e tirare con entrambe le mani in caso di necessità.

Ovviamente non tutti i guinzagli, come già detto, ci anno le stesse possibilità educative. Ora vi parlerò delle varie tipologie dello strumento, spendendo due parole sul loro utilizzo e la loro efficacia, secondo la mia esperienza diretta.


1. Guinzaglio fisso
Costoso o economico, di pelle, di stoffa o di nylon, lungo o corto, colorato o sobrio: il guinzaglio fisso è lo strumento base da utilizzare durante la passeggiata.
C'è chi si trova meglio con guinzagli piatti, chi invece utilizza quelli a sezione circolare: non c'è una regola precisa. Io preferisco quelli a sezione piatta se in pelle (garantiscono una presa migliore) e a sezione circolare se in nylon (non mi distrugge le mani se il cane tira).
Come lunghezza consiglio caldamente un guinzaglio di un metro e mezzo per i cani che devono ancora apprendere completamente la condotta al guinzaglio, in seguito passare ad una lunghezza di un metro.
Perché almeno un metro? Perché con questa lunghezza posiamo effettuare comodamente una presa di sicurezza a due mani lasciando comunque al nostro amico un discreto margine di movimento.
Esistono in commercio guinzagli cortissimi che ci danno l'illusione di avere un controllo maggiore. Ebbene, no. Guinzagli troppo corti ci impediscono di afferrarli con due mani ed esercitare forza in caso di emergenza, ed è più facile che ci sfuggano di mano. Inoltre non ci danno la possibilità di legare il cane ad un albero o panchina in caso di necessità (una telefonata imprevista, una sosta forzata e situazioni simili: non lasciate mai il cane da solo legato fuori dal bar mentre voi siete al bancone a pendere il caffè!).
Mi sento di consigliare il guinzaglio più corto del metro solo per cani perfettamente educati alla passeggiata, e solo in situazioni di necessità, ad esempio se siete costretti a frequentare un posto molto affollato e vi sentite più sicuri ad avere il cane molto vicino a voi (ricordiamoci che il vostro amico sente benissimo il vostro grado di sicurezza e autostima, e reagisce di conseguenza).

2. Guinzaglio allungabile
Molto utilizzato per i cani di piccola taglia, è assolutamente da evitare. Non solo state infrangendo la legge se lo allungate più di un metro e mezzo, ma è pericoloso e incoraggia comportamenti errati nel cane.
Andiamo con ordine.
Quando il guinzaglio viene lasciato libero di allungarsi, il cane, per andare dove vuole, deve tirare. Quindi creiamo in lui un'associazione di questo tipo: "più tiro più lontano vado". E' impossibile fargli poi capire che quando il guinzaglio è impostato nella posizione fissa non deve più tirare. Prima era libero di andare dove voleva, perché ora non ci riesce più? Ed ecco che prova a tirare più forte. Quindi, non solo non lo stiamo educando alla passeggiata, ma gli stiamo insegnano che tirare al guinzaglio è cosa buona e giusta.
Poi, questo guinzaglio è pericoloso: perché?
  • ci dà uno scarso controllo del cane: il meccanismo di blocco può sempre rompersi o incepparsi e possiamo perdere il controllo dell'animale (potrebbe correre in mezzo alla strada per inseguire qualcosa visto sull'altro lato di essa);
  • sempre a proposito di scarso controllo, immaginate cosa può succedere se in condominio o al centro commerciale il cane si infila in un ascensore. Le porte si chiudono, l'ascensore si muove e il cane finisce impiccato;
  • nei guinzagli allungabili "a spago" (ovvero dove la sezione riavvolgibile è sottile e a sezione circolare), lo scorrimento continuo provoca usura e alla lunga il guinzaglio si può spezzare (i guinzagli a fettuccina sono più affidabili);
  • non permette di eseguire la presa di sicurezza, quindi ci dà ancora meno controllo e possibilità di correzione immediata;
  • l'impugnatura ci rende impossibile afferrarlo in modo sicuro, basta un attimo di distrazione e uno strattone in più perché ci sfugga dalle mani: se è in posizione allungabile nel migliore dei casi il cane fuggirà rincorso dal guinzaglio, nel peggiore si riavvolgerà colpendolo dritto in testa.
A tutti questi problemi aggiungiamo che il cane abituato al guinzaglio allungabile è quasi sempre privo della minima educazione alla passeggiata, e capirete subito che problemi vi può causare.
Se volete tenere il vostro peloso sotto controllo ma dargli allo stesso tempo una certa libertà, prendete una lunghina per le passeggiate, poi educatelo a rispondere prontamente al vostro richiamo e nelle aree adeguate lasciatelo correre libero!

3. Guinzaglio da addestramento (o lunghina)
La lunghezza di questo guinzaglio arriva fino ai tre metri e rispetto al guinzaglio fisso ha di solito uno stile più sobrio. In pelle, ecopelle o nylon, è in media a tinta unita, reperibile sia a sezione piatta che circolare. Questo perché è considerato uno strumento da lavoro e non da passeggiata, ma se usato correttamente si rivela versatile e praticissimo anche fuori dalle sessioni educative.
Al contrario del guinzaglio fisso, la lunghina ha un moschettone ad ogni estremità, e presenta diversi anelli per regolarne la lunghezza in base alle nostre esigenze.
L'anello più largo, a circa due terzi del guinzaglio, può essere usato come aggancio oppure per farvi passare dentro il moschettone quando è regolato sulla lunghezza minima, per tenere più compatto lo strumento (altrimenti vi ritroverete con due briglie sciolte che necessitano un po' di pratica per essere gestite senza inciamparci o farle annodare).
La lunghina la consiglio caldamente a tutti, che abbiamo un Terranova o un Carlino: in commercio se ne trovano di più o meno spesse, pesanti e robuste per adattarsi anche a cani molto piccoli.
Che vantaggi dà la lunghina? Molti. Regolandola possiamo avere un guinzaglio corto quando dobbiamo tenere il nostro amico sotto controllo, medio per momenti più rilassati e lungo per passeggiate in libertà in spazi aperti. E' facile assicurarla ad un albero o a un paletto grazie al doppio moschettone, ed è indispensabile per usare strumenti correttivi come la cavezzina (di cui vi parlerò in un altro articolo). Se utilizzate la pettorina norvegese con anelli laterali (per chi non la conoscesse, vi parlerò anche di questa più avanti), potete abbinare il guinzaglio da addestramento, agganciato in modo opportuno, per correggere alla perfezione i movimenti del cane.
Di contro c'è che visto che non presenta un'asola finale (a meno che non sia regolata sulla lunghezza massima), è necessaria una presa un po' più salda e decisa da parte nostra.

4. Guinzaglio "retriever"
Questo guinzaglio è di solito in nylon, a sezione circolare, e include un collare a semistrozzo regolabile ad un'estremità. Se ne trovano di diverse lunghezze e con diversi gradi di flessibilità. E' un altro prodotto che sconsiglio. La buona lunghezza permette una presa ottimale, ma il fatto di non poter sganciare il collare presenta un problema di sicurezza.
E' bene poter sganciare in qualunque momento il guinzaglio, sia per questioni di praticità che di sicurezza. Vi faccio un esempio. state passeggiando con Fido per i campi, siete distratti e con uno strattone lui vi strappa il guinzaglio di mano. Core per qualche metro, salta in mezzo a dei cespugli e il guinzaglio resta impigliato ad un ramo, lasciando il vostro amico penzolante, e con il collare che inizia a strangolarlo. Voi che fate? Sganciate immediatamente il guinzaglio. Si, ma con questo non potete farlo. O lo tagliate o il cane è spacciato.
Non deve succedere necessariamente in campagna, la città è piena di cancelli e cancelletti da saltare e ai quali restare impiccati, tenetelo a mente.
Una cosa a favore di questo guinzaglio però la devo dire: è estremamente utile se siete il tipo di persone che, vedendo un cane smarrito o abbandonato, lo portano a casa con sè o in rifugio. In questo caso questo strumento è il top: si infila immediatamente e si adatta a cani grandi e piccoli, grazie al collare regolabile.


5. Guinzaglio a molla
Si tratta di un guinzaglio molto corto la cui sezione finale, prima del moschettone, termina in una molla. Serve ad evitare uno strappo netto al collo in caso il cane compia uno scatto in avanti, ammortizzando la trazione.
Vi ho già detto come la penso per quanto riguarda i guinzagli troppo corti.
Questo strumento è stato ideato per tenere sotto controllo cani problematici che tendono appunto a scattare senza preavviso. Ma vi ho già parlato di come in questi casi sia molto più efficace un'educazione con un guinzaglio di una buona lunghezza.
Il guinzaglio molto corto va bene per cani già educati alla passeggiata. Ma in questo caso non è necessaria la molla, in quanto il cane educato ed equilibrato non darà di matto o comunque prima di farlo ci trasmetterà segnali molto chiari.
Quindi il guinzaglio a molla è uno strumento che si contraddice da solo. Lo trovo completamente superfluo. Perché se avete un cane aggressivo o lunatico che richiede un guinzaglio del genere, non portatelo in mezzo alla gente, chiamate invece un educatore per risolvere i suoi problemi comportamentali.

6. Guinzaglio doppio (o "accoppiacani")
Più che un guinzaglio si tratta di un accessorio ad assicurare al moschettone del guinzaglio che già usate, in modo da biforcarlo e assicurare così due cani ad un solo guinzaglio.
Di solito può esser usato con cani equilibrati di piccole dimensioni, per tenerli vicini durante la passeggiata, rafforzare l'unione del branco ed essere più liberi nei movimenti (usando due guinzagli spesso finiscono per attorcigliarsi).
Nonostante questo è un altro strumento che sconsiglio caldamente, e ora vi spiego perché.
In passeggiata siamo già un branco, anche se i cani non camminano spalla a spalla. Anzi, è preferibile che ognuno abbia il suo spazio e la sua libertà di movimento, per aumentare l'autostima e la sicurezza individuali. In caso di cani non perfettamente educati alla passeggiata, spesso uno finisce con il trascinare l'altro e può essere l'inizio di un conflitto gerarchico.
Inoltre, se uno dei due cani ha un comportamento non gradito (ansia, aggressività, eccessiva invadenza), l'altro lo correggerà. Il primo cane per dire all'altro che ha capito e mostrare i segnali di calma, dovrebbe allontanarsi... ma questo guinzaglio non glielo permette, inducendo il primo cane ad insistere nella correzione e creando zuffe e litigi (non perché loro non si sappiano esprimere, ma perché gli stiamo togliendo la libertà di movimento per farlo!).
Ci sono esemplari che tollerano o addirittura ricercano il contatto con il simile, ma hanno tutto il tempo per farlo a casa: tenerli attaccati al compagno anche durante la passeggiata può provocare in loro insicurezza e attaccamento morboso che sfociano in paura e ansia da separazione quando l'altro cane non sarà presente.
Al contrario, esemplari che gradirebbero più spazio personale saranno irritati da questa vicinanza forzata, diventando scontrosi e irrequieti.
Insomma, ad eccezione di rari casi, il guinzaglio doppio non è una buona scelta. Passeggiare con due guinzagli separati può essere laborioso da imparare a gestire, ma alla lunga vi garantirà cani più equilibrati, indipendenti e sicuri pur essendo ben integrati nel branco e sottostanti alle sue regole.

Per concludere, io consiglio sempre il buon vecchio guinzaglio fisso o la versatile lunghina. In questo caso gli strumenti semplici sono quelli che danno sotto tutti i fronti i risultati migliori.

Focalizzazione con la palla

Il gioco è un'ottima occasione per migliorare il rapporto con il nostro cane, non sprechiamola!

Oggi vi faccio spiare nel mio lavoro, e vi parlo di una tecnica educativa estremamente efficace.
Si tratta di un gioco con la palla che in cani equilibrati rappresenta un fantastico modo per rinforzare il nostro rapporto con loro e accreditarci ai loro occhi, ma dà il suo meglio con esemplari ansiosi, ossessivi o poco propensi ad ascoltare il nostro richiamo una volta liberati dal guinzaglio.
Ovviamente è necessaria una naturale predisposizione al riporto (cosa che moltissimi cani fanno istintivamente) e la conoscenza del comando "seduto" aiuta sempre.
Questo gioco si divide in otto step a difficoltà crescente estremamente graduale e ha lo scopo di far capire al cane che prima di prendere un'iniziativa deve chiederci il permesso. Non è utile solo nel gioco, ma anche in caso di incontri durante le passeggiate: prima di correre incontro a un cane, rincorrere un gatto, saltare addosso a qualcuno, il nostro amico deve chiederci il permesso di farlo.
Questo tipo di controllo può prevenire spiacevoli incidenti e ci farà andare in passeggiata più rilassati: noi perché avremo la consapevolezza di avere il controllo sul cane, il nostro amico perché avrà in noi un punto focale e si fiderà di più della nostra autorità ("so che il mio compagno mi dirà quando posso o non posso fare una cosa, io non devo prendere decisioni e sono più tranquillo").
Nei soggetti ansiosi infine ci permette di indurre uno stato di calma mostrandoci assertivi, e in quelli ossessionati dalla palla aiuta ad abbassare la loro fissazione e permette loro di godersi davvero il gioco (il cane eccessivamente agitato nei confronti della palla non è "felicissimo" di giocare: è stressato!).

Questo esercizio deve durare massimo 10 minuti. Il cane non riesce a concentrarsi più a lungo di così, e se forzato potrebbe prendere in totale antipatia l'attività. Una volta appreso perfettamente, continuate a proporglielo ad ogni occasione di gioco, alternandolo a dei lanci "liberi", durante i quali potrete giocare in libertà. C'è da dire che se il peloso ha perfettamente compreso l'esercizio, non inseguirà più la palla di suo: basterà dargli il permesso al momento stesso del lancio con un "VAI!", o un'altra parola o suono che avrete scelto a questo scopo.
Ricordate di avere pazienza ed aspettare che il cane abbia assimilato perfettamente uno step prima di passare al successivo, altrimenti va tutto a farsi benedire. Non affrettate i tempi, e ricordatevi che se in un soggetto normale l'esercizio può essere perfettamente appreso in un mese di lavoro costante, animali stressati, ansiosi o ossessivi ci impiegano di più.
Per quanto riguarda il premio, inizialmente, prima diconsentire al cane di prendere la palla, elogiate il suo stato di calma ed eventualmente elargite anche un bocconcino o una carezza (ricompensando vebalmente con un “BRAVO!”). E’ importante che il cane associ lo stato di calma e attenzione verso il proprietario ad un rinforzo positivo.
Man mano rendete la ricompensa con il boccone sempre più rara, sostituendola solo con la gratificazione vocale. Se il cane è abituato a ricevere sempre cibo, quando lo priverete del bocconcino di punto in bianco non eseguirà più l'esercizio.
E’ importante mostrarsi entusiasti quando il cane compie un’azione corretta, ma nel caso di cani ansiosi o ossessivi inizialmente è meglio ricompensare lo stato di calma con un premio discreto (senza agitarsi troppo), per non riportare la sua energia ad un livello troppo alto.
Infine, il premio concesso per il comportamento corretto sarà solo il fatto di continuare a giocare ed interagire con noi.

STEP 1
Il primo passo è molto semplice, per far associare al cane le basi dell'esercizio. In cambio della sua amata attività non gli chiederemo molto, soltanto di avere un atteggiamento più tranquillo. Per venirgli incontro, cercheremo di non agitarlo troppo, mostrando la palla tenendola ferma. In questo passo, come in quello successivo, è importante aspettare che il cane sia attento (orecchie erette) ma che non uggioli, saltelli in giro, tremi o abbai.
1. Mostrare la palla al cane tenendola ferma
2. Attendere che il cane sia in atteggiamento attento ma calmo prima di lanciarla, associando al lancio una parola o un suono (ad esempio “VAI!”).

STEP 2
Una volta che il cane avrà capito che gli lanceremo la palla solo quando sarà più calmo, mettiamolo alla prova, non solo mostrandogliela, ma muovendo la mano che la tiene, oppure passandocela da una mano all'altra.
1. Mostrare la palla al cane compiendo dei movimenti rapidi con la mano che la tiene.
2. Attendere che il cane sia in atteggiamento attento ma calmo prima di lanciarla,  associando al lancio una parola o un suono (ad esempio “VAI!”).

STEP 3
Siamo pronti a chiedergli qualcos'altro. Ora prima di lanciarla gli chiederemo prima di tutto di mettersi seduto, e aspetteremo finché non sposterà il suo sguardo su di noi. Anche lo sguardo che va alternativamente da noi alla palla è accettabile. Torniamo a non muovere il giocattolo finché lo teniamo in mano.
1. Mostrare la palla al cane tenendola ferma
2. Richiedere un “seduto”
3. Attendere che il cane sia in atteggiamento attento ma calmo e che diriga la sua attenezione su di noi prima di lanciarla, associando al lancio una parola o un suono (ad esempio “VAI!”).

STEP 4
Come nel secondo passo, torniamo a muovere la palla, con movimenti bruschi della mano o giocandoci noi, per renderla più invitante.
1. Mostrare la palla al cane compiendo dei movimenti rapidi con la mano che la tiene.
2. Richiedere un “seduto”
3. Attendere che il cane sia in atteggiamento attento ma calmo e che diriga la sua attenzione su di noi prima di lanciarla, associando al lancio una parola o un suono (ad esempio “VAI!”).

STEP 5
Siamo ormai a metà, ed è il momento i insegnare al nostro amico a quattro zampe che non solo deve focalizzare la sua attenzione su di noi, ma che deve anche aspettare il nostro permesso prima di intraprendere la caccia.
Serviamoci di un guinzaglio per correggere immediatamente i suoi movimenti e armiamoci di tanta pazienza. Man mano che risponde meglio all'esercizio, facciamo rotolare la palla più velocemente e più lontano.
1. Mostrare la palla al cane tenendola ferma.
2. Richiedere un “seduto”
3. Attendere che il cane sia in atteggiamento attento ma calmo e che diriga la sua attenzione su di noi.
4. Abbassarsi e far rotolare la palla, lentamente, per qualche metro, associando al movimento una parola o un suono (ad esempio “RESTA”.)
5. Se il cane si alza, non lasciargli prendere la palla, raccoglierla e ripetere l’esercizio.
6. Se il cane mantiene la posizione, lasciargli prendere la palla, dandogli il permesso con una parola o un suono (ad esempio “VAI!”).

STEP 6
E' il momento di ripetere l'esercizio rendendo più invitante la palla: prima di farla rotolare muoviamocela tra le mani. Ancora, usare il guinzaglio è di grande aiuto e un po' alla volta aumentiamo la difficoltà facendo rotolare la palla più velocemente e più lontano.
1. Mostrare la palla al cane compiendo dei movimenti rapidi con la mano che la tiene.
2. Richiedere un “seduto”
3. Attendere che il cane sia in atteggiamento attento ma calmo e che diriga la sua attenzione su di noi.
4. Abbassarsi e far rotolare la palla, lentamente, per qualche metro, associando al movimento una parola o un suono (ad esempio “RESTA”.)
5. Se il cane si alza, non lasciargli prendere la palla, raccoglierla e ripetere l’esercizio.
6. Se il cane mantiene la posizione, lasciargli prendere la palla, dandogli il permesso con una parola o un suono (ad esempio “VAI!”).

STEP 7
Siamo pronti a giocare davvero. Da ora in poi resteremo in piedi e la palla sarà lanciata, all'inizio poco lontano, poi con sempre maggiore intensità. Per ora torniamo a mostrargliela con calma e muniamoci di un guinzaglio o di una corda lunghi diversi metri, per dargli la libertà di movimento necessaria tenendolo sempre sotto controllo. Un po' alla volta allungate sempre di più il tempo durante il quale il cane deve restare seduto.
1. Mostrare la palla al cane tenendola ferma.
2. Richiedere un “seduto”
3. Attendere che il cane sia in atteggiamento attento ma calmo e che diriga la sua attenzione su di noi.
4. Lanciare la palla, non troppo lontano, associando al lancio una parola o un suono (ad esempio “RESTA”).
5. Se il cane si alza, non lasciargli prendere la palla, togliergliela e ripetere l’esercizio.
6. Se il cane mantiene la posizione, lasciargli rincorrere la palla, dandogli il permesso con una parola o un suono (ad esempio “VAI!”).

STEP 8
Abbiamo quasi concluso alla perfezione questo esercizio. E' il momento di mostrarci entusiasti, muovendo la palla e invogliando il cane al gioco. Di nuovo, usate un guinzaglio lungo e un po' alla volta lanciate la palla sempre più lontano, lasciando libero il nostro amico per lasciare che la rincorra.
1. Mostrare la palla al cane compiendo dei movimenti rapidi con la mano che la tiene.
2. Richiedere un “seduto”
3. Attendere che il cane sia in atteggiamento attento ma calmo e che diriga la sua attenzione su di noi.
4. Lanciare la palla, non troppo lontano, associando al lancio una parola o un suono (ad esempio “RESTA”).
5. Se il cane si alza, non lasciargli prendere la palla, togliergliela e ripetere l’esercizio.
6. Se il cane mantiene la posizione, lasciargli rincorrere la palla, dandogli il permesso con una parola o un suono (ad esempio “VAI!”).

Se appreso ed eseguito correttamente, questo esercizio fa miracoli. Con la pratica riusciremo a controllare perfettamente i momenti di gioco e i movimenti del cane quando non avrà il guinzaglio.
E' uno strumento eccellente per insegnare a Fido che prima di rincorrere qualcosa ci deve chiedere il permesso, aumentando la sua sicurezza ed evitando spiacevoli inconvenienti.
Se il cane non è propenso al riporto oppure proprio non vi vuole restituire la palla... bè, vedremo più avanti come fare!

Adamo ed Eva

Praticamente pasta di fichi

Era da un po' che non recensivo un sapone, vero? Semplicemente perché ho dovuto finire le scorte prima di provare qualcosa di nuovo. In questo caso ho sperimentato un prodotto che di mio non avrei mai provato se non me ne avessero regalato un campioncino. Si tratta del sapone Adamo ed Eva (ex "Fichissimo").

Lush ci dice:
Vorreste avere un gran pezzo di fico per fare “fichi-fichi” sotto la doccia? Da Lush potete trovare al massimo un gran pezzo di sapone al fico, ma forse non è proprio quello che avevate in mente! Fichissimo ha molte qualità ma non quella lì (altrimenti ne venderemmo milioni e la redazione del Lush Times si sarebbe trasferita ad Honululu). Però sulla pelle è davvero fantastico, idratante e cremoso...
Perché non l'avrei mai acquistato? In realtà solo perché l'aspetto di questo sapone è un po' anonimo: è marroncino e non troppo invitante, passa in secondo piano accanto ai tanti alti prodotti coloratissimi esposti in bottega. In negozio attira solo per la presenza delle foglie di fico nella forma intera, ma sono puramente decorative, anche se è una di quelle decorazioni che non fa male a nessuno (son foglie, non plastica o brillantini).
Anche "a naso" si confonde tra altri prodotti Lush molto più profumati. Infatti ha una fragranza discreta, vagamente dolciastra ma che sa soprattutto di pulito.
Al tatto risulta non troppo compatto ma nemmeno morbido, e leggermente oleoso.
Nel complesso a me non ispirava per niente simpatia insomma.
Una volta che lo si prova però dà le sue soddisfazioni, anche se non fa gridare al miracolo.
Sfregando bene, questo sapone diventa una cremina un po' untuosa diversa dalla normale schiuma delle saponette, in virtù dell'alto contenuto di olii del prodotto. Olii che vanno a rivitalizzare ed idratare la pelle, rendendola più compatta, morbida e migliorandone l'aspetto.
C'è da dire che per ottenerla, questa cremina, bisogna pazientare un po': come già detto non è un sapone morbido e bisogna stare lì a strofinarlo con un po' di pazienza (dà indubbiamente il meglio di sè in doccia). Comunque, mentre vi strofinate, potrete apprezzare un'altra caratteristica di questo prodotto: la presenza di centinaia di semini e qualche pezzetto di polpa di fico non completamente frullato, che agiscono come un leggerissimo massaggio e aiutano la microcircolazione.
Attenzione però: nonostante le sue proprietà idratanti non è uno di quei saponi che si prestano anche per farsi la barba, come già detto la schiuma che fà è un po' particolare.
A fine doccia non avrete addosso un profumo particolare, quindi è assolutamente unisex e, come già detto, non invadente.
Così come l'aspetto e la profumazione, è discreto anche il risultato: non è un sapone che fa miracoli. Non aspettatevi di essere rimessi a nuovo insomma. Oltre a questo, se siete appena tornati dal jogging o dalla palestra, cercate altro: come ogni sapone toglie sì gli odori, ma non ha un'azione sufficiente a lavare via l'odore di tapiro decomposto.
Purtroppo devo dire che per la mia pelle non è il massimo, ma lo consiglio caldamente a chi si ritrova una pelle molto delicata, sciupata o secca, per una doccia rimpolpante prima di andare a letto.
Il fatto che stimoli a lunghi massaggi lo rende adatto anche a chi ha problemi di circolazione.
E, in generale, a tutti coloro che amano i prodotti semplici e schietti.

L'INCI di questo sapone è sorprendente. La percentuale di ingredienti naturali o comunque non inquinanti o dannosi è oltre al 90%, e l'ingrediente principale sono fichi freschi provenienti da agricoltura biologica frullati. Per quanto riguarda l'olio di Ylang Ylang lo segnalo come giallo perché in rarissimi casi può avere effetti allergizzanti, ma comunque si tratta di un ingrediente naturale al 100%.

Cosa ci trovate dentro (esattamente):
Acqua (Aqua) - doppio verde
Olio di Colza; Olio di Cocco (Brassica napus; Cocos nucifera) - doppio verde
Decotto di Fichi (Ficus carica) - doppio verde
Glicerina Vegetale (Glycerine) - doppio verde
Estratto di Aloe Vera Biologico (Aloe barbadensis) - doppio verde
Sodium Hydroxide - doppio verde

Profumo (Parfum)
Olio Essenziale di Ylang Ylang (Cananga odorata) - giallo
Essenza Assoluta di Fiori d'Arancio (Citrus aurantium dulcis) - doppio verde
Gel di Aloe Vera Biologico (Aloe barbadensis) - doppio verde
Diossido di Titanio (Titanium dioxide) - doppio verde
Sale (Sodium chloride) - doppio verde

EDTA - doppio rosso
Tetrasodium Editronate - verde
Benzyl Benzoate - giallo
Linalool - giallo


Quanto vi costa
Panetto da 100g  € 4,95
Panetto da 200g  € 9,90

LUSH.IT  
date un'occhiata al sito della Lush, mi raccomando,
è tutta robbba bbbuona per voi e per l'ambiente!

The Ward

A me gli ospedali già facevano paura prima

Torno a parlare di cinema nel mio modo approssimativo e rozzo. Non sono un appassionato, e quindi sono incapace di citarvi attori, date e nomi vari (ad eccezione di quei due dati fondamentali per inquadrare il titolo), ma mi piace parlare di quello che mi capita sotto il naso.
Qualche sera fa mi è capitato di trovare in programmazione "The Ward" un film horror datato 2011 e da buon amante dell'horror non mi sono fatto pregare.
In seguito, andando a racimolare qualche informazione in giro ho scoperto che il regista è niente di meno che John Carpenter, il papà di "Halloween","La Cosa", "Christine, la macchina infernale" e altri ancora.
Siamo nel 1966. Una ragazza vaga in mezzo ai boschi, dirigendosi verso una vecchia casa colonica e appiccandole fuoco. Il suo nome è Kristen, e quando la polizia arriva sul luogo del delitto lei è ancora lì; viene giudicata mentalmente instabile e mandata in una clinica psichiatrica.
Qui Kristen viene sottoposta ad una cura che comprende metodi ortodossi ed altri decisamente più traumatici, tutto per spingerla a ricordare gli eventi precedenti al rogo, dei quali la ragazza non ha alcuna memoria, e per "curarla" dalle sue visioni che la portano a credere che di notte uno spettro vaghi per i corridoi del reparto.
Ma le quattro coetanee ricoverate insieme a lei sembrano sapere qualcosa circa l'inquietante presenza e ad un certo punto iniziano a sparire ad una ad una, nell'indifferenza totale del personale ospedaliero, che di volta in volta riferisce alle superstiti che la vittima è semplicemente stata dimessa.
Questo film ha un sapore particolare, e sembra quasi fuori luogo nel nuovo millennio. Nonostante la trama abbia infatti un aspetto molto moderno tutto il comparto tecnico sembra uscire dritto dritto dagli anni Ottanta. Le inquadrature sono molto pulite e dirette e il montaggio è essenziale. Anche lo svolgimento segue una linearità tipica degli horror (e dei B movies) degli anni Ottanta: a una prima parte soprattutto di tensione e investigativa segue una seconda metà di film con omicidi che si susseguono a ritmo sempre più sostenuto, con immancabile sessione clou finale che sfocia nell'azione.
Questo aspetto retrò della pellicola è forse rovinato dal forzato cliffhanger finale, che a parer mio si poteva benissimo risparmiare (e dai, non ditemi che vi ho spoilerato il film dicendovi che c'è un cliffhanger, ultimamente sembra che i registi pensino che un horror non sia tale senza finale a sorpresa).
Le atmosfere della clinica psichiatrica sono rese bene. Abbiamo un ambiente asettico, infermieri e medici esasperanti e freddi (come del resto ci si aspetta che sia il personale di un reparto che deve avere a che fare con i pazzi), la sensazione costante di essere ad un passo dal risolvere il mistero della clinica ma di essere tenuti all'oscuro dei tasselli più importanti dei quali avremmo bisogno per completare il puzzle.
Anche a livello visivo dei personaggi è stato fatto un buon lavoro: un soggetto del genere sarebbe stato il pretesto perfetto per sfoggiare un'armata di ragazze tettone in completini provocanti, camicie di forza e vestiti strappati. Invece no, il regista ha avuto il buon gusto di scegliere una bella protagonista e un cast che la appoggia senza mai strafare, con ragazze che vanno da quella bella a quella davvero bruttina. E al cameraman non scivola mai la mano in qualche inquadratura provocante che sarebbe risultata del tutto fuori luogo.
Come caratterizzazione delle protagoniste invece si ha la sensazione che sia tutto molto labile e poco curato. Sono personaggi che hanno i loro tratti salienti (quasi stereotipati, con quella figa che fa la gatta morta, quella intellettuale brava a disegnare, quella bruttarella pazza ossessiva e così via). Questa caratterizzazione sommaria mi ha fatto storcere il naso per tutto il film, ma alla fine mi sono ricreduto.
Si, perché per quanto fino alla fine ci venga detto davvero poco, in dieci minuti la pellicola ci svela tutto quanto, senza lasciare nulla di irrisolto e arriveremo a capire anche il perché di quei personaggi così monotematici, in un colpo di scena gradevole anche se non così innovativo.
Per quanto riguarda gli effetti speciali non sono stato deluso. Non sono eccezionali ma possiamo goderci delle scene con un ottimo trucco e qualche particolare particolarmente cruento fatto davvero a puntino, che non fa mai male. Al contrario di troppi film horror però, The Ward non abusa del sangue e della violenza. Sono entrambi presenti, ma è fondamentalmente basato sulla tensione e sul mistero.
Gli amanti dello splatter dovranno cercare altrove.
Nel complesso quindi la trama (ma un po' tutto il prodotto) è semplice eppure solida, con uno svolgimento lineare e un buon montaggio, in grado di intrattenere lo spettatore fino alla fine; complice la lunghezza accettabile del film: dura un'oretta e mezza, tempo di intrattenimento ideale che troppi registi sembrano essersi dimenticati, sfornando mattoni da due ore e passa.

Non è di sicuro un capolavoro imperdibile. Ha parecchi difetti, come la relativa prevedibilità di alcune scene, un sapore quasi di "incompleto" per quanto riguarda i personaggi (per quanto sia giustificato a fine film durante la visione ne pregiudica la qualità), un cliffhanger finale inutile.
Ma resta pur sempre un prodotto godibile con una buona dose di tensione, una trama accattivante e spiegazioni esaustive che chiudono bene il cerchio.
Si, da John Carpenter ci si poteva aspettare di meglio. Gli è uscito un film anni Ottanta con tematiche più moderne che strizza l'occhio alla produzione horror orientale. Come già detto, non è un capolavoro.
Ma è ottimo per passarsi una serata sul divano a sgranocchiare popcorn godendosi un film che non sarà eccellente, ma ha un che di nostalgico per gli amanti dell'horror di vecchia data e che comunque non è nemmeno pattume.

Il guardiano dei sogni

Oltre la porta che ci separa dall'Altra Realtà
Non ho avuto un granché di tempo per leggere, ma un libro del mese lo devo proporre. O meglio, nessuno mi obbliga a farlo, ma sto cercando di mantenere una certa continuità in questo blog.
Così, vi parlerò un po' e "Il guardiano dei sogni", un libretto che raccoglie il ciclo di racconti che ruotano intorno a Randolph Carter, firmato Lovecraft.
Randolph Carter ormai ha trent'anni, e ormai il mondo inizia a perdere fascino ai suoi occhi. In esso Randolph non riesce più a trovare nulla che valga davvero la pena di essere vissuto, in una società dalla quale l'avventura è scomparsa.
Decide così di forzare la Porta del Sogno ed entrare in un mondo parallelo, le Dreamlands, mondo nel quale tutto è rimasto come nella sua infanzia.
Carter affronterà una vera e propria odissea nel mondo dei sogni, a caccia di una visione che rappresenta niente di meno che la sua giovinezza, l'età d'oro ormai perduta, per riafferrare la quale è disposto a scalare montagne, viaggiare fino alla luna, affrontare creature orribili e divinità ostili.
Ma cosa succederebbe se dovesse smarrire la Chiave d'Argento, lunico mezzo per dischiudere la Porta del Sogno ed accedere non solo nel sonno ma anche fisicamente in quell'"Altra Realtà" attigua alla nostra?
Non è così semplice approcciarsi a questi racconti, se avete alle spalle solo letteratura moderna. Ancora meno se siete appassionati dell'horror contemporaneo. Per leggere Lovecraft è necessario prima di tutto entrare nell'ordine di idee che state per affrontare qualcosa di scritto tra il 1919 e il 1934.
La narrazione di questi cinque racconti si compone principalmente di lunghissime frasi che arrivano a coprire lassi di tempo anche lunghi (come settimane o mesi) all'interno della narrazione e le descrizioni non sono dettagliate come quelle alle quali il lettore medio potrebbe essere abituato. Paradossalmente tuttavia, è proprio in questo libro che l'autore descrive nella maniera più dettagliata il suo personale universo onirico, e una visione d'insieme così chiara delle Dreamlands non ci verrà più fornita in nessun componimento di tutta la sua opera omnia.
Lo stesso vale per la psicologia dei personaggi: Randolph Carter e le persone che lo circondano risultano spesso abbozzati, poco analizzati, quasi sfuggenti.
Altra caratteristica (nella fattispecie del primo racconto) è la quasi totale assenza di dialoghi; peculiarità che alla lunga può risultare tediosa, ad un certo punto si sente quasi il bisogno, tra una frase interminabile e l'altra, di qualcosa di diretto e conciso come uno scambio di battute.
Tutto questo rende la lettura ostica, ad un primo approccio. Ma andiamo oltre queste caratteristiche che per molti saranno difficili da accettare, oltre c'è un mondo intero.

Sono proprio la scarsità di dettagli, le interminabili frasi, l'ambiguità delle descrizioni, a creare le atmosfere che permeano questi racconti.
Si parla di sogni, di un uomo che si nasconde in essi, li affronta e cerca di carpirne i segreti. E i racconti hanno un sapore rarefatto, vago, sono privi di contorni precisi, di un tempo ben definito. Nonostante le composizioni più brevi siano più ricche di dettagli e meglio incasellate in un loro spazio temporale proprio, la sensazione di atmosfera sospesa permane.
Sembra davvero di immergersi in un sogno, dove tutto è possibile, non esistono veri confini e dietro ogni angolo possono nascondersi una meraviglia o un orrore. Nei sogni non esiste un tempo vero e proprio e non è necessaria una giustificazione alle nostre azioni. Così, in questi racconti, in poche righe può trascorrere un mese come pochi minuti, e il passaggio è naturale e fluido, proprio come nei nostri sogni. Cosa è successo nel lasso di tempo che l'autore ha saltato? Non si sa, e non è davvero importante, il flusso dell'attività onirica è spesso incostante e inafferrabile, e il più delle volte non c'è una vera e propria connessione logica tra il prima e il dopo.
La maestria dell'autore sta in questo. Sarebbe stato facile per lui scrivere qualsiasi cosa gli passasse per la testa (tanto i sogni non hanno logica), senza dare alcuna giustificazione. Invece Lovecraft mantiene sempre un filo logico, a tratti così sottile da sembrare quasi invisibile. Ma quel filo è sempre presente, e gli consente di mantenere l'opera su un piano concreto, sconfinando in un delirio ragionato costruito ad arte senza mai perdere le redini del proprio scritto.
Come se non bastasse, con il proseguire dei racconti si intravede man mano una trama dietro ad essi, che si fa via via sempre più concreta, fino ad arrivare all'ultima composizione, che chiude il cerchio in maniera quasi perfetta.
Quasi, perché con un tema come quello trattato è impossibile delineare un confine netto con la realtà, stabilire cosa sia realmente accaduto e cosa sia stato frutto della fantasia, così come sarebbe impossibile dare una vera e propria fine a questo ciclo.
I cinque racconti oltretutto, letti nel giusto ordine, forniscono una sorta di autobiografia dell'autore, vista attraverso un velo fantastico. Troviamo in essa infatti le sue avventure sia reali che oniriche (un acconto è basato su un sogno che Lovecraft ha realmente fatto), le critiche al suo stile di scrittura che dovette affrontare all'epoca, i suoi viaggi nel New England ed altro ancora. Tutto questo fornisce un ennesima sfaccettatura alla raccolta, rendendo ancora più ambiguo il confine tra reale e immaginario, riprendendo la similitudine tra sonno, veglia e quel limbo sottile tra i due, nel quale sembra fluttuare l'intero scritto.

Ad aiutare il lettore l'edizione include numerose note esplicative, una buona introduzione sull'autore e le sue tematiche nonché un piccolo dizionario in appendice. Che vi assicuro tornerà più che utile: nelle sue peregrinazioni oniriche Carter incontrerà un numero impressionante di luoghi e creature e dovremo sorbirci una bella quantità di nomi spesso quasi impronunciabili (come nella migliore tradizione Lovecraftiana).

Se avete tempo e pazienza a disposizione, questo libro è un buon punto di partenza per conoscere Lovecraft e i suoi incubi d'inchiostro. Leggetelo in un momento propizio, seduti in poltrona o sotto alle coperte, dedicategli il tempo che merita perché possa trascinarvi in un mondo oscuro e meraviglioso, governato da leggi arcaiche e custode di inenarrabili segreti che solo il cuore più coraggioso può afferrare.
Con questi racconti Lovecraft ha intrappolato una nube di fumo al di sotto di una campana di vetro: è inafferrabile e se cerchiamo di alzare il vetro si dissolverà... ma nulla ci impedisce di osservarla, di premere il viso contro il vetro e lasciare che la nostra mente si perda nelle sue grigie volute.

Frutta e verdura - Novembre

Finalmente arrivano gli agrumi!

Siamo ormai nel pieno dell'autunno, e le verdure disponibili sono sempre meno colorate e invitanti. Non per questo però sono meno buone: abbiamo a disposizione un'ampia varietà di cavoli e cavolfiori tra i quali scegliere, porri particolarmente dolci e finalmente tornano i carciofi.
Dal lato della frutta invece, spariscono ormai definitivamente i frutti di bosco, anche quelli più tardivi e cocciuti, ma fanno la loro comparsa gli agrumi: arance, pompelmi, mandarini, limoni e chi più ne ha più ne metta. Sono tutti ottimi per contrastare e prevenire il raffreddore, fatene una bella scorta.

VERDURA DI NOVEMBRE

Broccoli
Continua la raccolta dei broccoli. Ricchissimi di sali minerali, vitamine e fibre, contengono anche sostanze utili alla salute della tiroide. Sono antitumorali, diuretici, emollienti, depurativi e prevengono l'anemia. Puzzeranno pure, ma fanno solo bene.
Apporto calorico per 100g: 27kcal

Carciofi

Ritornano i carciofi, che ci terranno compagnia fino ad aprile, e con un po' di fortuna fino a maggio. Poche vitamine ma tanto potassio e ferro. Apporta benefici al fegato, favorisce la diuresi e la produzione di bile, aiuta la digestione, abbassa il tasso di colesterolo nocivo e previene malattie cardiovascolari.
Apporto calorico per 100g: 18kcal

Cavolfiori e cavoli

Troviamo ora i cavolfiori romaneschi, il verde macerata, il noviese, il violetto di Sicilia, i cavolini di Bruxelles (li troviamo fino a dicembre) e altri ancora. Cavoli e cavolfiori sono ricchi di vitamina C e sali minerali, hanno proprietà depurative (il che, unito all'alta quantitàdi minerali presenti in essi favorisce la rigenerazione dei tessuti), antinfiammatorie, antiossidanti e antitumorali. Hanno anche la proprietà di abbassare il tasso glicemico nel sangue. Tutta salute
Apporto calorico per 100g: 25kcal

Finocchi
Finocchi per tutti, ancora per un bel pezzo. Questo ortaggio è depurativo, antiossidante e ipocalorico. Gran cosa per la salute e per la linea, insomma. A me fa schifo.
Apporto calorico per 100g: 15kcal

Porro
Per tutto novembre troviamo la varietà lunga e dolce. I porri contengono vitamine, fibre, magnesio, silice... tutta roba buona. Hanno proprietà toniche, diuretiche, lassative, antisettiche; abbassano il colesterolo, rafforzano il sistema immunitario e aiutano la prevenzione di tumori. Tengono pulito l'intestino e sono utili per curare anemia, artrite e infezioni urinarie.
Apporto calorico per 100g: 30kcal

Radicchio
Oltre alle varietà precoci, iniziamo a trovare il famigerato radicchio rosso di Treviso. Ricco di calcio, fosforo, potassio e Vitamina C, contiene anche un sacco di fibre, ottime per combattere la stitichezza. Grazie all'inulina limita l'assorbimento del colesterolo e previene le malattie cardiovascolari.
Apporto calorico per 100g: 13kcal

Sedano
Dopo le prime gelate si trovano le varietà croccanti. E' rimineralizzante, depurativo e svolge un'azione calmante e antidepressiva sul sistema nervoso. Tonifica la pelle e diminuisce la pressione arteriosa.
Apporto calorico per 100g: 15kcal

Zucca
La troveremo ancora per tutto il mese, poi basta fino al prossimo autunno! Contiene betacarotene, itamine E, B e A, un sacco di minerali, aminoacidi e fibre. Contrasta i radicali liberi, protegge il sistema circolatorio e rallenta l'invecchiamento delle cellule. E' antitumorale, diuretica e leggermene sedativa, consigliata a chi soffre di ansia, insonnia o nervosismo. In caso di scottature o infiammazioni applicare la polpa della zucca sulla pelle è un ottimo "rimedio della nonna".
Apporto calorico per 100g: 18kcal


FRUTTA DI NOVEMBRE

Arachidi
Ancora arachidi per tutti fino a dicembre. Ricche di antiossidanti, oliii e proteine, sono indicate per la prevenzione delle patologie cardiovascolari.
Apporto calorico per 100g: 547kcal

Arance
Da metà mese ritornano in tavola le arance. Tutti sanno che sono piene di vitamina C, che rafforza il sistema immunitario, combatte i radicali liberi e aiuta ad assorbire meglio il ferro, contrastando l'anemia. Aiuta la vista e ha proprietà antiossidanti.. ma ricordate che gran parte delle sostanze migliori si trovano nella pellicina bianca, non toglietela! Se decidete di farvi una spremuta, consumatela in breve tempo: bastano pochi minuti per far evaporare tutte le vitamine.
Apporto calorico per 100g: 34kcal

Cachi
Fino a fine mese continua la raccolta dei cachi, prelevati dalla pianta ancora acerbi (se lasciati maturare sulla pianta infatti cadono e si spappolano al suolo). Zuccherini e ricchi di potassio, sono utili per combattere abbattimento e depressione. Rallentano l'invecchiamento delle cellule (aiutano contro l'acne!), rafforzano il sistema immunitario e depurano milza, pancreas e fegato. Hanno anche proprietà lassative (occhio).
Apporto calorico per 100g: 60kcal

Castagne

Ne troviamo ancora di appena raccolte, ma solo fino a circa metà mese. Estremamente digeribili e ricche di fibre, combattono anemia e inappetenza. Hanno un sacco di minerali che danno una mano contro la stanchezza cronica, rinforzano i muscoli, aiutano la digestione e in caso di donne in gravidanza, prevengono malformazioni nello sviluppo del nascituro.
Apporto calorico per 100g: 180kcal

Kiwi

La fine della raccolta è a metà mese, ma si trovano tranquillamente fino alla fine di novembre. Ricchissimi in vitamina C, aiutano a prevenire influenze e raffreddori, favoriscono al salute di denti e gengive, prevengono infarto e arteriosclerosie rafforzano la vista. Non fatevi pregare e mangiatene tanti.
Apporto calorico per 100g: 40kcal

Limoni
Primi limoni freschi, soprattutto dalla metà del mese in poi! Tanta vitamina C che aiuta vista e sistema immunitario, insieme a proprietà depurative ed antiossidanti. E' utile contro nausea, raffreddore, ha benefici su fegato, pancreas e sangue e ha eccellenti proprietà disinfettanti.
Apporto calorico per 100g: 14kcal

Mandarini
Da metà mese in poi compaiono i mandarini, che ci terranno compagnia fino ad aprile. Ricco di vitamina C, fibre, sali minerali e carotene, il mandarino è utile per prevenire il raffreddore, iuta l'apparato digestivo (essendo facilmente digeribile), favorisce la diuresi e regola la pressione arteriosa.
Iniziamo a trovare anche gli ibridi del mandarino, ovvero il mandarancio (più dolce), la clementina (ibrido tra mandarino e mandarancio) e il mapo (ibrido tra mandarino e pompelmo), che ne condividono le proprietà.
Apporto calorico per 100g: 44kcal

Melagrana (o melograno)
Ancora per tutto novembre è possibile trovarla. E' ricchissima in sali minerali, vitamine e principi attivi che le hanno fatto guadagnare il nome di "frutto della medicina". Altamente antitumorale e antiossidante ha anche proprietà vermifughe e previene l'arteriosclerosi.
Apporto calorico per 100g: 65kcal

Mele

Continuiamo con le mele. La raccolta sta finendo, ma grazie alla loro capacità di conservarsi naturalmente a lungo ce n'è ancora per tutti. Antitumorali e antiossidanti, prevengono del 21% il rischio di contrarre tumori. Una mela contiene fruttosio facilmente assimilabile, abbassa il colesterolo dannoso e aumenta la produzione di quello benigno, apporta benefici alle vie respiratorie, previene malattie cardiache e cerebrali. Si sa che una mela al giorno....
Apporto calorico per 100g: 45kcal

Noci
Nella prima metà del mese finisce la raccolta delle noci. Contengono un sacco di antiossidanti e acidi grassi omega3, che prevengono i tumori (in particolare quello al seno). Tengono a bada i radicali liberi e puliscono le arterie, prevenendo l'arteriosclerosi. Attenzione però, sono ipercaloriche!
Apporto calorico per 100g: 582kcal

Nocciole
Ultime nocciole fresche, per la prima metà del mese. Contengono calcio, potassio, fosforo, manganese, rame, ferro, magnesio e altro ancora oltre a un sacco di vitamine e amminoacidi. Sono energetiche e consigliate a chi è in uno stato di convalescenza, spossatezza o pratica intensa attività fisica.
Apporto calorico per 100g: 600kcal

Pere
Insieme alle mele, si trovano anche un bel po' di pere.
Finisce la raccolta delle William, ma continua quella della varietà rossa.
Continuiamo a trovare la Kaiser, la Decana del Comizio, la Abate e la Rosada.
Iniziano a trovarsi la Conference e la Decana d'Inverno.
La buccia della pera è ricca di fibre: pectina, una sostanza che contribuisce ad abbassare il tasso di colesterolo "cattivo" nel sangue e lignina, che assorbe acqua e previene tumori al colon. Ha proprietà antiossidanti e porta benefici a enti e digestione.
Contiene anche parecchi zuccheri ed è l'ideale per quando ci si sente spossati. Insomma, se siete giù di corda, fatevi una pera che vi passa.
Apporto calorico per 100g: 40kcal

Pompelmi
Dall'inizio del mese troviamo il pompelmo giallo, dalla seconda metà in poi invece ci sarà il pompelmo rosa, un po' più dolce. Ricchi di fibre, sali minerali e di vitamine, hanno un forte effetto antiossidante che va a favore di fegato e sistema circolatorio. Hanno pure proprietà antitumorali. Insomma, potete anche sopportare il loro sapore aspro e amaro ogni tanto.
Apporto calorico per 100g: 35kcal

Uva
Siamo agli sgoccioli con l'uva, approfittatene! E' ricca di proteine B e A, abbassa il colesterolo maligno ed elimina l'acido urico, prevenendo la gotta.E' antibatterica, antiossidante, antinfiammatoria e antitumorale, contribuisce alla rigenerazione della pelle, alla salute ossea e pure a quella cerebrale. Che volete di più?
Apporto calorico per 100g: 60kcal