Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato

Tornare bambini per qualche ora non può far male
Finalmente sono riuscito ad andare a vedere anche io Lo Hobbit. Era ora.
Non sapevo esattamente cosa aspettarmi da questo film. Il libro per me ha un fortissimo valore nostalgico, mio padre me lo ha letto qualche pagina alla volta quando avevo cinque o sei anni, prima di mettermi a dormire. Anni dopo l'ho ripreso in mano e riletto, e ha avuto su di me lo stesso effetto.
Sono un Tolkeniano sfegatato, e ho amato la trilogia di film del Signore Degli Anelli (anche se la completezza del libro è stata impossibile da ricostruire su pellicola), ed ero impaziente di vedere Lo Hobbit. Ma, conoscendomi, sapevo già che o l'avrei amato o mi avrebbe fatto schifo. Cercherò di parlarvene in modo sintetico, anche se arei ben di più da dire, ma vorrei evitare post chilometrici.
La regia di questo film datato 2012, affidata in via definitiva a Peter Jackson, era inizialmente nelle mani di Guillermo Del Toro, regista ad esempio de "Il Labirinto del Fauno" (film che io adoro). Nonostante l'idea che fosse Del Toro a metter mano alla regia mi incuriosisse non poco, memore delle atmosfere inquietanti e grottesche ma al contempo fiabesche che è in grado di creare, sono felice che sia stato scelto Jackson. In questo modo, a parer mio, è stato possibile creare un legame stilistico molto più marcato tra questo film e Il Signore Degli Anelli.
Ma ora bando alle ciance e vediamo la trama, che cercherò di rendere più semplice possibile, risparmiandovi troppi Pdor figli di Khmer.
Bilbo è un hobbit che da giovane aveva sempre dimostrato uno spiccato interesse per l'avventura, ma che ormai è abituato a vivere tra gli agi della sua casa scavata nel fianco della collina.
Un giorno tuttavia, si presenta alla sua soglia uno stregone a lui quasi sconosciuto, Gandalf, che sta cercando il quattordicesimo membro per una compagnia imbarcatasi in un'impresa quasi disperata: riconquistare la città nanica scavata sotto al monte di Erebor, dalla quale il popolo è stato scacciato decenni prima da un drago, attirato nella città dalle enormi quantità di oro lì custodite e che tutt'ora vi dimora.
Dopo l'iniziale titubanza, Bilbo accetta ed entra a far parte della compagnia, capeggiata da Thorin, il legittimo erede al trono di Erebor. E' l'inizio di un lungo viaggio tra montagne, foreste, grotte e valli.
Un viaggio tutt'altro che privo di pericoli.
Nonostante ne sia il prequel, Lo Hobbit è una cosa totalmente diversa dal Signore Degli Anelli. Ambientato sessant'anni prima, ci racconta di come Bilbo trovò l'Anello (il titolo completo del libro è infatti "Lo Hobbit  - o la rinconquista del Tesoro", inteso sia come Anello sia come tesoro custodito al drago Smaug), e ci aiuta a capire meglio la storia della Terra di Mezzo, compresa l'origine della faida tra il popolo degli elfi e quello dei nani.
Bilbo è un protagonista molto diverso da Frodo. Più materiale e legato agli agi casalinghi, risulta più spiazzato e impacciato durante l'intero film. E' sempre da tenere conto che mentre Frodo è sempre accompagnato da figure familiari quali Sam, Merry, Pipino e Gandalf, Bilbo si trova in compagnia di sconosciuti, tra i quali non si sente nemmeno bene accetto.
A molti non è piaciuta particolarmente la caratterizzazione dei nani. Alcuni infatti sono stati rappresentati un po' caricaturali, ma a parer mio è stato fatto un buon lavoro: nel libro non ci sono descrizioni che vadano ad approfondire molto il carattere o l'aspetto fisico del singolo. Nel film invece oltre ad un'ottima caratterizzazione visiva,ognuno dei tredici nani ha delle movenze e un'espressività propri. A parte Thorin, è vero, nessuno di loro ha la dignità e l'austerità che Tolkien conferisce al popolo dei nani. Ma è anche da considerare che all'interno del gruppo i guerrieri sono pochissimi, alcuni sono molto giovani, altri troppo vecchi. Nel complesso, il film presenta una compagnia unita, ma variegata e un po' allo sbando.
Oltre ai nuovi personaggi, avremo il piacere di incontrare vecchie conoscenze, dall'aspetto ovviamente più giovane e dai modi di fare più leggeri (complice il fatto che la storia si svolge dopo un lungo periodo di pace e la minaccia di Sauron non incombe ancora sulla Terra di Mezzo), come Gandalf, Saruman, Elrond e Galadriel, che vengono approfonditi e ci viene dato modo di conoscere un altro lato della loro personalità.
Anche il personaggio di Gollum torna sullo schermo in un ruolo primario, e ci viene mostrato sotto una luce differente. Se infatti nel Signore Degli Anelli ci viene presentato soprattutto come un essere viscido e spregevole che agisce soprattutto per istinto e bramosia (seppur non esente da redenzione), qui vediamo quanto possa essere inquietante, intelligente e pericoloso.
Troviamo anche la figura di Saruman, e qui devo dire che non mi è piaciuto troppo come è stato trattato. Dovrebbe essere un grande stregone, potente, saggio ma saldo nelle proprie convinzioni. In parte lo si intuisce, ma fa soprattutto la figura del vecchio brontolone rompiscatole: non sono riusciti a infondergli l'aura di autorevole rispettabilità che mi aspettavo. Parlando di stregoni, in molti non hanno apprezzato il personaggio di Radagast, eppure secondo me è riuscito particolarmente bene, comparandolo al libro: uno stregone all'apparenza folle, guardiano dei boschi, che a causa della vita a contatto con gli animali e la natura ha perso la concezione delle cose materiali (viene nominato Bosco Atro, ed è un peccato che il viaggio attraverso di esso sia stato omesso nella produzione del Signore degli Anelli). Per chiudere l'argomento maghi e micamaghi, Gigi Proietti se la cava più che bene nel dare la voce a Gandalf (come quasi tutti sanno il doppiatore precedente è venuto a mancare).

Tutti i personaggi si muovono in un'ambientazione curata nei minimi dettagli. La computer grafica è superba, insieme alla regia che ci regala paesaggi epici degni del Signore degli Anelli. Forse anche un'atmosfera più "umile" sarebbe stata adatta al soggetto, visto che si tratta di una fiaba... ma del fattore "fiaba" ne parlerò tra poco. L'atmosfera è molto più leggera rispetto al Signore degli Anelli: ma, di nuovo, dipende dal fatto che non c'è una minaccia incombente, non c'è una guerra in arrivo. I popoli della Tera di Mezzo, non sono sotto pressione, si tratta di una faccenda strettamente personale trai nani e la riconquista di una città. Riconquista in sordina, non vengono mobilitati eserciti e non ci sono grandi alleanze, solo un gruppo ristretto di persone che partono per un'impresa a prima vista impossibile.
E questo aggiunge tutte le emozioni derivate dall'incognita dell'abilità dei personaggi: come già detto non si tratta di guerrieri, e ci si chiede sempre come faranno a cavarsela. Spesso con l'ingegno, l'unione, il coraggio e un pizzico di fortuna: al contrario degli epici Aragorn e Legolas, per i quali difficilmente ci si preoccupa anche durante le battaglie più sanguinose, questi sono personaggi che possiamo sentire più vicini.
All'inizio della pellicola sono presenti due canzoni. Io non amo i musical, o più in generale le canzoni nei film, ma ho apprezzato questa scelta. Non sono invasive, contribuiscono a mantenere lo spirito del libro (nel quale sono presenti filastrocche e canzoni), e aiutano a capire l'indole del popolo nanesco.

Il grosso problema del film, tuttavia, è che il libro dal quale è tratto è stato concepito come fiaba per bambini e ragazzini. Ora non ditemi "si, lo sapevo ma mi ha deluso lo stesso", lasciatemi continuare.
Lo Hobbit è una fiaba scritta nel 1937. Il concetto di fiaba per bambini, nel frattempo, è profondamente cambiato (basta che vi andiate a leggere una favola dei Grimm originale, è tutt'altra cosa rispetto alle versioni moderne che conosciamo noi). L'altro giorno, girando in libreria, ho trovato dei volumi di "fiabe reinterpretate per i più piccoli", chiaro esempio della tendenza che meglio rappresenta il panorama favolistico attuale. Fiabe che già sono per bambini che si è sentito il bisogno di reinterpretare. Perché considerate troppo violente, inadeguate e quant'altro. C'è una spaventosa tendenza al buonismo e all'edulcorazione dei prodotti rivolti a un pubblico infantile che fa quasi paura. A modificare le fiabe ci ha già pensato, all'epoca, Walt Disney, eppure molti dei classici Disney ora come ora vengono considerati quasi traumatici. Si, è un bel colpo, per un bambino, vedere un protagonista alla quale è uccisa la madre, oppure apparizioni come draghi e demoni, ma, a parer mio, non è nulla di davvero traumatico, anzi, diventa propedeutico per affrontare emozioni più forti nella vita reale, come il lutto e la paura.
Tutto questo discorso per dire che anche Lo Hobbit è stato in parte vittima di questa tendenza. E' una fiaba per bambini, e allora andiamo a infilarci voci buffe, gag spesso leggere, battute evitabili (ho trovato del tutto fuori luogo la voce del re dei goblin e una vocetta stridula data ad un troll, ad esempio). Che spesso nel libro sono assenti, o presentate in un contesto che crea un'atmosfera decisamente diversa.
Ho già detto che l'atmosfera generale del film mi è piaciuta, ma a tratti si perde: ci sono dei momenti dove tutta la stupenda sensazione di essere immersi in una favola crolla, e alcune scene (poche, per fortuna), sembrano spuntare dritte dritte da un telefilm fantasy. E' come passare dalla lettura di una fiaba di Esopo o di Calvino a un volume di Geronimo Stilton. Stesso target, qualità decisamente diversa. E ci sono rimasto male, proprio per questi passaggi repentini.
Ricollegandomi al discorso dei paesaggi e delle ambientazioni  di cui parlavo poco prima, a molti la scelta non ha entusiasmato proprio perché certe immagini non sono comunemente collegate al concetto che abbiamo di "fiaba". Il fantasy o è epico o è fiabesco, e le cose non si possono mescolare.
Ma da piccolo, quando mio padre mi leggeva il libro, io me lo immaginavo esattamente così, ambientato in questi spazi immensi e grandiosi: per me era una fiaba ed era epica allo stesso tempo.

Ed è questa, secondo me la chiave per godersi davvero il film: non l'essere consapevoli del fatto che sia una fiaba per bambini, proprio il guardarlo CON GLI OCCHI di un bambino. Riuscire ad entusiasmarsi per un paesaggio epico così come per una slitta trainata da conigli e, soprattutto, non stupirsi del fatto che entrambe le cose siano nello stesso film.
Insomma, ritrovare un po' quell'innocenza fanciullesca che ride al buffo e si entusiasma per l'epico, che apprezza una canzone e si infervora per una battaglia.
Mettete un po' da parte lo spirito critico, le preoccupazioni materiali, dimenticate i malumori: tornate bambini, quando il problema più grave della vita era non trovare il mattoncino Lego della misura giusta per completare la costruzione quasi ultimata.
E lasciatevi trascinare in questa fiaba, ne uscirete pieni di meraviglia e stupore.