Cose che è più comodo dimenticare |
Eccomi di ritorno!
Lo so, sono sparito, ma mi sono preso una piccola, improduttiva, vacanza in quel di Modena. Pensavo, ingenuamente, che avrei scritto questo post negli ultimi giorni, invece eccomi qui solo ora.
E' un bel pezzo che ho finito di leggere Anatra all'Arancia Meccanica (graditissimo regalo di natale), ma per un motivo o per l'altro ho sempre rimandato la recensione.
Cominciamo dall'autore. Non so cosa io avessi capito all'inizio e non mi ricordo da dove fosse saltata fuori la mia convinzione che si trattasse di un autore orientale stranamente ben informato sull'Italia. Probabilmente da qualche blogger confuso che ha confuso anche me e mi ha fatto fare qualche bella figura di cacca in giro.
Wu Ming, infatti, è lo pseudonimo usato da un collettivo di autori italiani e che significa "Senza Nome" oppure "Cinque Nomi", a seconda di come viene pronunciata la prima sillaba.
Hanno accumulato ad oggi una discreta produzione, e un numero impressionante di partecipazioni ad eventi letterari. Non amano farsi fotografare e tengono i media più distanti possibili, accogliendo calorosamente il pubblico come intimi amici.
Sono esponenti del NIE (New Italian Epic, termine inventato da loro stessi), uno stile nuovo di zecca. Parlarne per esteso occuperebbe l'intero post, quindi cerco di riassumerlo. E' uno stile caldo che tiene il lettore a braccetto, con spiccate tendenze pop, punti di vista inconsueti, tendenza ad esulare dalla maggior parte degli stili e dei generi conosciuti. Spesso si tratta di testi che si propongono come basi per essere approfonditi e rielaborati dal lettore, invitando i fan alla creazione di spin-off.
Detto questo, se volete approfondire, fatevi un giretto su wikipedia ( cliccami tutto per saperne di più! ).
Passiamo al libro. Anatra all'Arancia Meccanica è una raccolta di sedici racconti (sapete quanto io le ami), scritti nel primo decennio degli anni 2000.
Le tematiche sono estremamente varie, ma non avrebbe senso soffermarsi ad analizzarli uno per uno.
Infatti, come tutte le raccolte di racconti, anche questo libro soffre della qualità altalenante degli stessi. E per quanto i componimenti siano tutti godibili, a guardarli con occhi distaccati, c'è qualche pezzo mediocre.
Ma sono del parere che questa sia una delle poche antologie di racconti che vanno guardate nel loro insieme, nonostante i brani che la compongono siano totalmente (tranne in un paio di casi) slegati tra loro.
Cominciando ad analizzare i temi.
Anatra all'Arancia Meccanica ci propone: l'edulcorazione dei cartoni animati che nasconde messaggi subliminali politici, le grandi multinazionali che pensano agli affari propri, l'allevamento intensivo, la progressiva perdita di diritti da parte dei lavoratori, il razzismo, i problemi di immigrazione, il decadimento del cinema e della letteratura, le beghe burocratiche dei grandi imprenditori, il degrado delle città e dell'ambiente, la devastazione delle foreste, l'omologazione delle lingue e il progressivo scomparire dei dialetti, i problemi con i giovani teppisti, le stupide, chiassose e inconcludenti discussioni organizzative.
Ok, direte voi, di tutte queste cose se ne è parlato a volontà, niente di nuovo sotto il sole.
Ma io non ho mai letto questi argomenti trattati con tanta amara ironia, con punti di vista così particolari, con sensazioni così vere e comiche nella loro tragedia, allo stesso tempo vere, spassose e deprimenti.
La narrazione strizza continuamente l'occhio al lettore, non lo annoia mai, lo fa entrare nelle pagine e nelle situazioni. Ed è impossibile non sentirsi almeno un po' partecipi: spesso e volentieri si parla dell'Italia, con tutti i suoi problemi e i suoi ingranaggi inceppati.
Ma se andate a rileggere tutti gli argomenti trattati di cui vi ho parlato prima, vi renderete conto di una cosa: sono tutte questioni topiche che, prima o dopo, sono sorte con prepotenza nello scorso decennio.
Questo libro è soprattutto uno splendido affresco degli anni tumultuosi e incerti appena passati. Molte tematiche restano valide tutt'oggi, ma si sono sviluppate (o meglio, i media ce le hanno tirate sul naso), proprio in quegli anni.
Il libro è allucinato e confuso, proprio come i sentimenti della gente all'epoca. E un altro suo grande punto di forza è che parla del mondo e dell'Italia non attraverso i grandi fatti storici, (evitando ad esempio il sentimentalismo/sensazionalismo facile ma da due soldi del citare il disastro delle Torri Gemelle), bensì attraverso i piccoli fatti quotidiani nei quali il lettore può riconoscere la propria routine.
Quindi, anche se i racconti sono stati scritti indipendentemente l'uno dall'altro, in tempi e contesti diversi, uniti in questa raccolta hanno una forza immensamente superiore. Sono stati scritti nel periodo giusto, sono componimenti che parlano del proprio tempo: non possono non essere vividi e veri.
Io vi invito a leggerlo. Non dice in fondo nulla di nuovo e le sue rivelazioni sono ovvie, ma hanno comunque quell'odore polveroso tipico delle verità che stanno sotto agli occhi di tutti ma che vengono bellamente ignorate. Perché è più comodo così.
E' un libro che ti mette a tuo agio, ti mostra cose semplici e familiari. E poi ci scava dentro, ne tira fuori il marcio, le spoglia della bella scorza esteriore e te le piazza davanti al naso.
E tu ridi, ridi per non piangere, ma anche perché non può non esserci un fondo di comicità nel constatare quanto sia profonda la fossa che ci stiamo scavando da soli, e con quanta beata ignoranza e passività vi stiamo felicemente lavorando, perché sia sempre più profonda e con pareti prive di appigli.