Staccate la spina, una buona volta |
Chiudiamo il mese (pigrissimo) di Luglio in bellezza inaugurando l'ennesima categoria del blog: i giochi online.
Di giochini nel web se ne trovano a palate, ma non sono molti, secondo me, quelli veramente degni di essere provati.La maggior parte sono tower defense, sparatutto, puzzle che per quanto carini e ben fatti lasciano nel cervello il vuoto totale (esattamente quello che c'era prima di aver iniziato a giocarci).
Per fortuna qualcosa di diverso, creativo, innovativo si trova sempre.
Oggi vi parlo di "No place like home". Si tratta di un "escape game", quei giochi dove ci si trova chiusi in una stanza e bisogna cercare di uscirne trovando e utilizzando gli oggetti presenti in essa e spesso risolvendo rompicapo più o meno difficili.
Non sono un grande amante del genere, ma questo mi ha conquistato.
La prima cosa che salta all'occhio è la grafica. Molti giochi di questo tipo hanno una grafica scarna, asettica, che è poco oltre alle quattro linee tracciate con Illustrator. Oppure hanno una grafica 3D, spesso più valida, ma nella maggior parte dei casi del tutto priva di personalità.
Qui invece troviamo una grafica illustrata squisita. I colori predominanti sono i toni seppia, che, insieme alla musica e ai rumori dell'ambiente, contribuisce a creare un'atmosfera onirica, sottilmente inquietante, che, man mano che procediamo con il gioco, riesce a trasmettere una grande malinconia.
Della trama sappiamo poco all'inizio, ma tutto diventa più chiaro con lo sviluppo del gioco. Anche questo è un punto a favore: molti di questi giochi non si basano sulla trama, ma solo sull'obiettivo, ovvero scappare dalla stanza.
Qui no. E' questo il punto forte del gioco: per quanto breve, riesce a mettere in piedi una bella storia, ma anche a creare una stupenda atmosfera.
Inizieremo, come già detto, sapendo poco, ma già nei primi minuti cominceremo a capire. Siamo nei panni di un uomo (donna?), che ha sempre vissuto nel medesimo minuscolo appartamento, che ora è in pessimo stato: carta da parati che inizia a scollarsi, mobili usurati e rovinati.
Il protagonista soffre di insonnia e sembra avere dei problemi di memoria: ma tutto si è sempre risolto prendendo dei farmaci che conciliano il sonno e svuotano la mente da dubbi e ansie.
L'unica compagnia è un televisore che ripete sempre lo stesso film al quale il protagonista, stufo, ha staccato la spina, e un telefono.
Parlando di giocabilità, ho detto che è un gioco breve, ma non che sia facile. Spesso le interazioni sono macchinose e non così immediate, e il fatto che il cursore non cambi forma quando passa su un oggetto con cui è possibile interagire non aiuta.
Le citazioni al Mago di Oz sono ovunque: l'intero gioco è costruito attorno ad esso. Quindi conoscere la storia a grandi linee vi sarà sicuramente di aiuto.
La cosa che mi ha veramente convinto è il messaggio di fondo del gioco.
"Nessun posto è come casa propria". Ma è vero?
Troveremo delle pagine di diario, attraverso del quali seguiremo il flusso di coscienza del protagonista, i suoi dubbi e le sue riflessioni.
E' giusto essere legati alle proprie radici? Sappiamo veramente quali esse siano, o sono solo il frutto di ciò che altri ci hanno insegnato, indotto a credere, verità che abbiamo fatto nostre senza che esse lo siano davvero?
E cos'altro è "casa", se non un insieme di ricordi e sensazioni, piuttosto che un vero e proprio luogo fisico?
Siamo consapevoli della nostra vita, i nostri ricordi sono reali? O almeno concreti?
Quanto tempo passiamo a pensare e quanto a cullarci in un comodo oblio, indotto dai media, dalla società, dagli impulsi subliminali che ci vengono quotidianamente imposti? Possiamo scegliere davvero per conto nostro un luogo, mentale o fisico, da chiamare "casa"?
E soprattutto... in che percentuale siamo padroni delle nostre azioni e dei nostri ricordi?
A voi l'ardua sentenza.