L'animale d'allevamento

Breve ma intenso

Oggi vi parlo di un libretto da leggere in una serata.
Sono una settantina di pagine, non avete scuse per tirarvi indietro. E' uno di quei libri piccini che danno con il Sole 24 Ore, che non costano nulla (2 euro insieme al giornale), quindi vi invito a dargli una possibilità.
Quindi, vi parlo un po' de "L'animale d'allevamento"  di Kenzaburo Oe.
Anzi, prima dico giusto due cose sull'autore. Come si può dedurre dal nome, si tratta di un giapponese, vincitore del Nobel per la letteratura, oltre a numerosi altri premi letterari; la sua produzione verte intorno alla società giapponese nel periodo delle due Guerre Mondiali.

La trama del libro è molto semplice: nei pressi di un villaggio giapponese, nel quale il cibo scarseggia per via dei bombardamenti che hanno tagliato le principali vie di comunicazione con la città, precipita un aereo americano.
Viene riportato al villaggio l'unico superstite, un enorme nero, che se inizialmente suscita paura nei bambini quanto negli adulti, presto diventa parte integrante del villaggio. I bambini soprattutto si affezionano a lui e ne fanno il loro animale da compagnia.

Se la trama può essere banale, la narrazione non lo è affatto. Tutto ci viene raccontato dal protagonista, un bambino nella delicata fase di transizione tra infanzia e prima adolescenza.
Lo stile è pacato, descrittivo. L'autore si sofferma su molti particolari, creando un quadro ricco e vivo dell'ambiente, tutte caratteristiche tipiche degli scrittori orientali. C'è l'amore per il dettaglio, per il gesto, per la frase sottointesa.
I personaggi sono persone vere: anche qui, in poche righe, prendono forma, colore, odore.
In poche pagine, ci vengono mostrati tantissimi dettagli della società e della situazione dell'epoca: villaggi poveri dove il cibo scarseggia, città ostili, rapporti umani comunque saldi, per quanto rozzi e quasi "primitivi". E' la realtà del "piccolo villaggio", nel quale i bambini crescono quasi allo stato brado, andando a caccia di cani selvatici e facendo il bagno nel fiume, tutti insieme, maschi e femmine.
Per i bambini, la guerra è un concetto lontano e astratto: c'è meno cibo, si, ma la vita continua come sempre.
Ci vengono descritti, attraverso gli occhi del protagonista, la differenza tra la realtà rurale e quella cittadina, l'aperto disprezzo che la gente di città mostra verso gli abitanti del villaggio, la crudeltà istintiva e innocente tipica dei bambini e, anche, i primi giochi vagamente erotici che ne risvegliano la sessualità ancora sopita (un rituale istintivo ma lungi dall'essere compreso appieno).
Gli adulti sono esseri strani, con rituali conosciuti e accettati anche se non del tutto compresi: fanno parte della vita dei bambini, che li accettano così come sono, attirati da essi e dal loro mondo pieno di cose proibite.
La violenza esiste, fa parte di tutti i giorni: dai bambini che si picchiano per ottenere il rispetto del gruppo, agli animali selvatici a uccidere e scuoiare, ma non è del tipo che fa paura.
Ma l'arrivo del prigioniero nero è per il protagonista l'inizio di una rapida e forzata marcia verso la maturità.
Se infatti l'andamento generale del libro è lento e quasi "sonnacchioso", nelle ultime pagine subisce un'accelerazione repentina, sfociando in un'inaspettata violenza.

L'ho trovato un libretto degno di nota, pregevole spaccato della realtà giapponese dell'epoca, tanto caldo nella descrizione di ambienti e abitudini, quanto freddo nell'esporre situazioni che, viste dal lettore che è privo dell'innocenza e dell'ingenuità del bambino, risultano spietate.

E' possibile, in una sola estate, passare dall'innocenza dell'infanzia ad una completa e consapevole accettazione della vera violenza e della morte, giustificate o meno, come parte integrante della vita?