Big Fish

Quando l'essenza conta più della sostanza

Torniamo ad un altro dei libri che ho letto in questi ultimi giorni.
Una mia amica me l'aveva prestato mesi e mesi fa, era finito in mezzo ad altra roba e mi ero dimenticato della sua esistenza.
L'ho ritrovato e me lo sono letto in una notte.
E ora parlo un po' anche a voi di Big Fish, il romanzo di Daniel Wallace dal quale Tim Burton ha tratto un film.
La trama è incentrata su Edward Bloom, uomo ormai arrivato alla fine della sua vita, che sta prematuramente e lentamente deperendo, colpito da una malattia incurabile.
Il figlio William assiste ai suoi ultimi momenti, rendendosi conto solo ora di quanto poco conosca suo padre. L'uomo infatti era più in giro per il mondo che a casa, e di lui il figlio sa solo quanto gli è stato raccontato dal diretto interessato.
Ma Edward è sempre stato una persona particolare: umorista, amante delle barzellette, ciarliero sulle cose di poco conto e taciturno su quelle davvero importanti. Ciò che ha raccontato di sé al figlio è enfatizzato all'inverosimile e del tutto incredibile.
Ma sono le uniche cose che William sa di lui ed è attraverso questi racconti che rivivremo la vita di Edward: episodi assurdi, storie impossibili eppure affascinanti.
Dalla nascita fino alla morte.
E' un libro particolare. La narrazione è frammentaria, così come sono frammentari e distorti i ricordi di William su suo padre.
Tra i vari racconti del passato, l'autore riprende in continuazione la scena presente: il medico di famiglia che esce dalla stanza del protagonista, informa i famigliari delle condizioni precarie dell'uomo, prima che loro entrino a scambiarci due parole, probabilmente le ultime.
Ogni volta che l'episodio viene riproposto, è leggermente modificato: da una scena netta e realistica, tutto viene sempre più ingigantito, fino all'inverosimile finale.
Nonostante questo, la narrazione semplice e leggera rende il tutto lineare.
E' un libro confuso, si, ma più nei contenuti che nella trama.
Infatti, se la seconda è chiarissima, i primi non lo sono affatto.
Mi spiego meglio. Gli episodi narrati sono semplici e cristallini, certo, ma tutti possiamo renderci conto che non possono assolutamente essere successi.

I personaggi in gioco sono tanti, ma in realtà tutto ruota intorno a Edward e a suo figlio, William, il quale vorrebbe poter conoscere meglio il padre, ed è continuamente frustrato dalle resistenze che incontra.
Insomma, si è sentito rifilare favolette per tutta la vita e nemmeno ora che il genitore è sul letto di morte riesce a cavargli qualcosa di più di barzellette e storielle.
Di Edward si parla molto, ma in realtà lo conosciamo attraverso i suoi racconti distorti e attraverso gli occhi del figlio. Quindi alla fin fine di lui sappiamo tante belle storie, ma poca sostanza.
Questo uomo straordinario si chiude nel suo guscio come una tartaruga, senza permettere nemmeno alle persone più care di avvicinarsi alla sua essenza. Le quali, dal canto loro, non capiscono che ciò che sanno di lui è già la sua essenza più pura..a prescindere che i fatti raccontati siano reali o meno.
E' attraverso essi si delinea sempre di più la figura di Edward e, alla fin fine, insieme a suo figlio, cominciamo a crederci anche noi.

E' qui la magia di questo libretto.
Sappiamo che certe cose sono impossibili, ma in fin dei conti è bello crederci. E' bello credere che un uomo abbia ammansito un gigante, comprato una città intera, incontrato uno spirito del fiume, che abbia visitato una città sommersa nella quale ancora vivono, seppur defunti, gli abitanti.
Perché certe persone sono molto di più di ciò che hanno fatto nella loro vita: sono fatte di aspirazioni, sogni, fantasia.
Sono persone talmente grandi che trascendono i limiti del reale e diventano leggenda.
E, si sa, le leggende sono in buona parte false, ma contengono sempre un fondo di verità. E comunque, come dicevo prima, è bello crederci.

Sono colpevole di aver visto prima il film, cosa che di solito evito di fare, ma in questo caso è stato particolarmente deleterio.
Infatti, sebbene il libro abbia in sé un tocco di magia e contenga una verità profonda anche se agrodolce, non l'ho apprezzato a dovere.
C'è un gran dibattere sull'adattamento cinematografico di Tim Burton. Non intendo palarne approfonditamente, dico solo che a me il film è piaciuto di più.
Il regista ha fatto tagli e cambiamenti radicali, ma ha dato all'intera pellicola un'atmosfera fiabesca a parer mio migliore di quella del romanzo.
E, cosa più importante, è riuscito a dare una solida base al tutto, con un finale differente da quello del libro (c'è una scena in più), che cementifica il tutto, creando il punto di congiunzione tra le favole di Edward e la realtà.
Rispetto al libro, per quanto onirico, riesce ad essere più concreto e completo, e mi ha soddisfatto di più.

In sostanza: leggete prima il libro e poi eventualmente guardate il film, così resterete soddisfatti di entrambi, almeno spero.
E date a questo romanzetto una possibilità: non capita spesso di trovare un libro così in bilico tra realtà e fantasia. E al quale non importa realmente di dove sia il confine, insegnando anche a noi a tralasciare questo trascurabile dettaglio che ci fa vivere una vita di sicuro più concreta, ma tristemente grigia.