I segreti erotici dei grandi chef

Parliamo un po' di dipendenze

Oggi vi parlo di un libro che mi ha lasciato interdetto e soddisfatto allo stesso tempo.
Volendo avvicinarmi ad Irvine Welsh e non trovando in libreria Trainspotting, mi sono portato a casa "I Segreti Erotici dei Grandi Chef" praticamente a scatola chiusa. Cosa che non faccio quasi mai, mi piace sapere qualcosa di più di quello che compro, prima di spenderci soldi.
Premetto che sarà difficile parlare di questo libro in maniera chiara e sintetica (non mi piace scrivere papiri: alla lunga distrae me e annoia voi) e soprattutto non spoilerare nulla di importante.
Ma farò un tentativo.

Daniel Skinner è un giovane arrampicatore sociale che lavora in un ufficio per le ispezioni sanitarie di Edimburgo. Non gli manca nulla: sebbene sia stato allevato solo da sua madre ha avuto tutto l'affetto necessario, ha un posto di lavoro, una bella presenza, modi di fare carismatici e ha Kay, una bellissima ragazza innamorata di lui. Eppure, la sua vita è inquinata da una mancanza per lui fondamentale: non ha mai saputo chi fosse suo padre.. e la madre, ex punkettara restata incinta ancora adolescente, non ha nessuna intenzione di dirglielo.
Danny sopperisce a questo vuoto con violenza, alcol e droga, che nasconde dietro una maschera di rispettabilità, che tuttavia, con il progredire degli stravizi, sta lentamente cedendo. I suoi vizi lo porteranno prima a rovinare il rapporto con Kay: concentrato solo su se stesso e suoi suoi problemi, è incapace di vedere quelli di lei, e nonostante la ami con tutto se stesso le rende man mano la vita impossibile.
E in seconda battuta metteranno a rischio il suo posto di lavoro.
L'inesorabile discesa nell'oblio di Daniel è disturbata dall'arrivo nello stesso ufficio di Brian: un ragazzo timido e riservato, che lavora per mantenere gli studi della sorella, il cui padre è ricoverato in ospedale in condizioni gravi.
Per Daniel, questo arrivo è come una folgorazione: in Brian trova il bersaglio perfetto su cui riversare tutta la propria insoddisfazione e il proprio rancore, trascinato da un odio istintivo e puerile per quel ragazzo impacciato che non gli ha mai fatto nulla di male.
Ma non sa che quell'odio andrà ben oltre i limiti umani, scatenando un maleficio che lo legherà alla sua vittima in modo indissolubile.


Ambientato in una Edimburgo moderna, fredda, grigia e devastata dalla piaga dell'alcolismo, questo libro è la versione scozzese de "Il Ritratto di Dorian Gray"... con un bel po' di quesiti sull'ereditarietà del bere che sembrano sbucare fuori direttamente dai libri di Zola.
L'autore ci presenta una Scozia rovinata, nella quale dilagano alcol e violenza, e dove ancora serpeggia il malcontento per l'annessione al Regno Unito. Ma viene tutto tenuto nascosto, salvare le apparenze viene prima di ogni cosa.
Ho apprezzato la narrazione, che passa spesso e volentieri dalla terza alla prima persona, permettendoci di sbirciare nel flusso di pensieri dei personaggi.
Il gergo utilizzato è ricco di volgarità, e vista l'ambientazione ci può stare. Ma non so se è per via della traduzione o proprio della costruzione dei dialoghi, non sempre è incisivo o significativo: a volte sembrano infilate una dietro l'altra tanto per dare colore alle pagine e come detto, non sempre ci riescono. Avrei preferito fossero più limitate ai passaggi in prima persona, con una narrazione in terza più asettica.
La trama si sviluppa in modo costante, senza particolari cali di ritmo, e dopo il primo terzo di libro prende una piega che all'inizio mi ha davvero fatto storcere il naso. Non sapevo bene che aspettarmi da questo libro, è vero, ma non mi aspettavo che l'autore ci infilasse dentro anche il paranormale.
Ma superata la momentanea delusione il racconto continua a reggersi in piedi, prendendo svolte nuove, distanziandosi da quello che finora pensavo fosse il tema principale (l'alcolismo e la tossicodipendenza) e passando a sviscerare i personaggi.

Perché, anche se la trama non è particolarmente brillante (nonostante riservi qualche bel colpo di scena verso il finale), la cosa più interessante del libro sono proprio i personaggi. I due protagonisti in primis, ma anche i comprimari fanno la loro figura.
Danny e Brian sono due persone a tutto tondo, né buoni né cattivi, ed è questo che li rende così veri: esulano dallo stereotipo romanzesco moderno nel quale si è o dalla parte del torto o da quella della ragione, avvicinandosi di più ai comuni mortali.
Danny, nonostante la perfidia con cui agisce, non sono riuscito ad odiarlo. E' un ragazzo che si avvia verso i venticinque anni, un'età nella quale c'è ancora voglia di divertirsi senza pensare alle conseguenze, ma inizia a pesare addosso la responsabilità di una vita propria.
E' un ragazzo in perenne conflitto tra il voler apparire migliore, brillante, unico e il bisogno di sentirsi appartenente ad un gruppo. Gruppo, nel suo caso, sbandato e violento, dal quale si lascia trascinare fin troppo facilmente. Ma restare soli fa paura.
alta facilmente da una donna all'altra, ma è difficile avercela con lui anche in questo caso: Danny non tratta le sue amanti come semplici oggetti di desiderio; è sinceramente interessato alle donne, ai loro gusti, alle loro passioni, a conoscerle dal lato umano più che da quello sessuale.
Quindi, abbiamo un individuo carismatico, a modo suo sensibile, brillante... ma fondamentalmente accecato dal proprio egocentrismo. Soffocato dalla sua fissazione di non sapere chi sia suo padre, reputa stupidi e superficiali i problemi del resto del mondo, tollerando a malapena o disprezzando le persone che lo circondano.
Dall'altra parte abbiamo Brian, il prototipo del bravo ragazzo (nonché nerd): si impegna nel lavoro, non alza mai la voce, non beve, non ha nessun tipo di vizio ed è un appassionato escursionista.
Eppure è completamente chiuso in se stesso. E' un personaggio meno complesso della sua controparte, ma altrettanto vero.
Cresciuto in una famiglia "casa e chiesa", risulta socialmente inetto: non sa scegliere gli argomenti di conversazione, nè è in grado di capire quando all'interlocutore di turno non gliene potrebbe fregare di meno di quello di cui sta parlando. E' patetico, ma non si può non essere solidali con lui: in fin dei conti ce la mette tutta.
Anche lui, come Daniel, è vivamente interessato alle ragazze. Ma, fissato com'è nel suo intento di perdere la verginità, al contrario di Danny non riesce a rendersi interessante ai loro occhi... semplicemente perché è in cerca solo di inzuppare il biscotto, e non presta la minima attenzione all'aspetto relazionale con l'altro sesso.

Il rapporto tra i due personaggi è il punto focale del libro: Danny, rovinando con perfida e implacabile metodicità la vita di Brian, inizia paradossalmente a creare il vuoto intorno e dentro di sè, mentre il significato della propria vita pian piano gli scivola dalle mani; Brian invece viene lentamente avvelenato nel corpo e nello spirito, scoprendo impensabili lati di sè, sperimentando per la prima volta cosa significhino l'odio, la rabbia cieca, la disperazione e la dipendenza.

In fin dei conti, potrei dire che il racconto parla proprio di quello: dipendenza.
Una dipendenza che ci creiamo da soli, dall'alcol e dalla droga in primis... che è nulla a confronto di quella, più sottile e difficile da affrontare, che possiamo sviluppare dal rapporto con altre persone.
Possiamo essere dipendenti dal giudizio altrui, dalla presenza di qualcuno, da un'idea fissa... persino da una relazione autodistruttiva. E, infine, dall'odio che possiamo arrivare a provare per qualcuno.

Lo consiglio? Nì. Dipende molto da cosa cercate.
Non l'ho trovato assolutamente pesante, ma mi ha spiazzato: non era nulla di ciò che mi aspettavo. Non è una lettura illuminante, ma riserva qualche piccola perla, tra un dialogo e un pensiero.
A volte è interessante vedere cosa si nasconde dietro la maschera di chi abbiamo di fronte, anche se non sempre piacevole.